Quella del dottor Jacques de Vos è la storia di un medico che ha capito qual è il suo lavoro: curare e salvare vite (dovremmo stupirci se così non fosse). Stava completando in Sud Africa la sua formazione come medico, quando avrebbe detto a una donna incinta alla diciannovesima settimana di gravidanza «che la vita inizia al concepimento, che il suo "feto era un essere umano" e che un aborto uccide un essere umano non ancora nato»: in sintesi, la pura verità, non offensiva, né irrispettosa.
E l’aver detto la verità gli è costato caro: «de Vos ha perso il lavoro ed è stato sospeso dalla pratica medica […]. Mancava solo una settimana al termine della laurea in medicina», leggiamo in un articolo di Life News. L’accusa era quella di “condotta non professionale”. Ma da quando in qua mentire è diventato “professionale”?
Tutti i più importanti manuali scientifici oltre che il 96% dei biologi affermano senza dubbio che la vita di un nuovo essere umano ha inizio nel concepimento. Persino tantissimi medici abortisti lo ammettono. Perciò, l’affermazione di de Vos non è affatto un’accusa nei confronti della donna, né un giudizio sulla sua persona. È una semplice descrizione di quanto avviene in quella pratica.
Ora, fortunatamente, a tre anni di distanza, la donna ha deciso di non voler portare più avanti la denuncia, quindi il «Consiglio per le professioni sanitarie del Sud Africa ha ritirato le accuse». Ora si attende una completa assoluzione del medico.
Gli avvocati affermano di aver presentato prove di tre esperti che dichiarano vero quanto affermato da de Vos, sostenendo che costui «stava agendo nel migliore interesse della donna dandole informazioni complete e accurate sull'aborto, compresi i potenziali rischi e lo sviluppo del suo bambino non ancora nato». Perché che un medico dica la verità sull’aborto non deve far notizia, dovrebbe essere la normalità.