L'Accademia Nazionale di Medicina francese è uno dei più antichi e prestigiosi enti di ricerca medica in Europa. Fu fondata a Parigi nel 1820 e da allora esprime pareri autorevoli sui tanti aspetti della riflessione scientifica e medica, specie in ambito bioetico.
Con un comunicato ufficiale, intitolato “La medicina di fronte alla trans-identità di genere presso bambini e adolescenti”, ha preso posizione, alcuni giorni fa, sugli annosi e delicati temi della disforia di genere e sul problema del cambio di sesso tra i minori.
L’identificazione a un sesso diverso rispetto a quello biologico “può causare una sofferenza significativa e prolungata”. E questa “disarmonia” appare in “forte aumento in America del Nord e nei paesi del nord Europa”.
Eppure, secondo l’Accademia, “nessuna predisposizione genetica è stata dimostrata” nei bambini e i giovani che si sentono del sesso opposto. Che fare allora? Continuare come si è fatto negli scorsi anni, specie in Gran Bretagna e in America, con il celere cambiamento di sesso, detto anche transizione di genere, mediante chirurgia e fermaci?
Secondo l’Accademia vari rami della medicina sono implicati nella delicata questione: dalla psichiatria alla ginecologia, dall’endocrinologia alla chirurgia. E nella collaborazione tra questi ambiti, a cui aggiungerei la bioetica, può trovarsi la risposta.
Secondo gli esperti francesi tuttavia “una grande prudenza medica deve essere attuata in relazione ai bambini e agli adolescenti”. Anzitutto, per “la vulnerabilità, in particolare psicologica” dei ragazzi. Ma anche per i “numerosi effetti indesiderati, per non dire delle gravi complicazioni, che possono derivare da certe terapie disponibili”.
La prudenza quindi è d’obbligo. Anzi, i medici francesi si appellano all’Ospedale universitario di Stoccolma il quale, affermano, ha deciso “di vietare l’uso degli ormoni bloccanti”.
Se in Francia questi ormoni sono legali, con l’autorizzazione dei genitori, l’Accademia di medicina invita tutti i responsabili “alla più grande riserva nel loro uso”. Anche per gli effetti secondari che si sono registrati, tra cui “l’impatto sulla crescita, l’indebolimento osseo, il rischio di sterilità, le conseguenze emotive e psicologiche e, per le ragazze, certi sintomi che ricordano la menopausa”.
Ancora maggior prudenza si chiede per gli interventi chirurgici che toccano gli organi genitali, per “il loro carattere irreversibile”. Si segnala infine il caso non raro di uomini e donne i quali, dopo la “transizione di genere”, hanno avuto dei seri ripensamenti, fino a richiedere la “de-transizione”. Ovvero di tornare al sesso biologico originario.
Cerchiamo quindi di favorire il recupero della dimensione unitaria psico-corporea della persona, e non lasciamo i nostri ragazzi in balia di mode e di fobie irrazionali che li portano a scelte senza via d’uscita.