Precisazioni contro il pressapochismo pretestuoso di laici poco accorti circa la riflessione accademica sull’aborto post nascita
Giovedì 17 gennaio 2013 la testata CRONACHE LAICHE ha pubblicato: “”Aborto” post-nascita: quando la bioetica diventa un boomerang”, col sottotitolo: “La tesi agghiacciante che legittima l’omicidio del neonato paragonandolo all’interruzione di gravidanza torna dopo un anno. Con la sponsorizzazione della Consulta di Bioetica”. Paolo IZZO, autore dell’intervento lo ha iniziato con le seguenti parole: “Un anno fa la stampa liquidò in fretta un articolo del Journal of Medical Ethics intitolato “Aborto post-nascita: perché il bambino dovrebbe vivere?“, a firma di due bioeticisti italiani che lavorano in Australia, secondo i quali, visto che l’aborto è consentito, dovrebbe essere eticamente possibile anche sopprimere un neonato. Ecco che invece i due studiosi ritornano: in questi giorni, infatti, sono in tournée per le università italiane (Milano, Torino, Forlì, Roma, Napoli), addirittura sponsorizzati dalla Consulta di Bioetica (sic!), per riproporre la loro agghiacciante tesi: cioè, mettere sullo stesso piano feto e neonato, aborto e infanticidio”.
Devo precisare che la CONSULTA DI BIOETICA non ha affatto “sponsorizzato” la tournée di Giubilini e Minerva nelle diverse università italiane né è affatto coinvolta in questa iniziativa come mostrato dal fatto che in nessun programma compare il logo dell’Associazione né alcuno studioso ha parlato in rappresentanza di essa. Spiace rilevare che il signor IZZO e CRONACHE LAICHE non riescano a cogliere la sostanziale distinzione tra iniziative attuate da professori e studiosi in quanto accademici impegnati nella ricerca scientifica e quelle sviluppate dagli stessi in quanto cittadini impegnati sul piano della politica culturale. Spiace ancor più vedere che una testata “laica” si presti a un’azione tesa a screditare senza motivo un’altra Associazione laica che tanto ha fatto e continua a fare per la promozione dei valori laici in Italia, essendo quella che per prima ha lanciato la proposta del testamento biologico quando la cosa appariva “assurda” a molti (anche laici).
Dal resoconto dato della tesi di Giubilini e Minerva si evince che il signor IZZO non ha mai letto l’articolo o non riesce a capirne il nucleo centrale: solo la sua fervida fantasia può portarlo ad attribuire agli autori l’idea che “l’aborto è un omicidio e le donne che vi ricorrono delle assassine”. La presentazione della tesi fattane, quindi, non merita ulteriori commenti e potrà essere discussa solo quando sarà proposta in termini corretti, come peraltro è avvenuto nei diversi incontri svolti nelle università italiane.
Rattrista molto, però, vedere che sia IZZO sia CRONACHE LAICHE critichino che si sia tornati a discutere il tema perché così facendo si allineano sulla posizione di EUGENIA ROCCELLA (cfr. Avvenire, 4 marzo 2012) e di molti altri pro-life sostenitori dell’idea che il problema non avrebbe dovuto neanche essere sollevato e che sul tema va limitata la libertà di ricerca e di discussione accademica. È per riaffermare che l’agenda della ricerca intellettuale e della discussione scientifica va stabilita dagli scienziati stessi e non da altri, e per opporsi ai tentativi di imbavagliare la ricerca intellettuale che cinque università italiane hanno invitato Giubilini e Minerva a discutere i vari aspetti sollevati dalla loro tesi. I laici che informano il loro pensiero alla razionalità scientifica dovrebbero apprezzare quest’azione a sostegno della libertà di ricerca che ha portato a cinque partecipati incontri coinvolgendo in modo diretto 25 studiosi.
CRONACHE LAICHE si era peraltro distinta come una delle poche testate che subito aveva positivamente raccolto la sfida posta dall’articolo di Giubilini e Minerva replicando alla presentazione fattane da AVVENIRE del 28 febbraio 2012 grazie al commento di Virginia Romano del 1 marzo intitolato “Il crepuscolo disumano della civiltà occidentale?”. Non solo l’interrogativo nel titolo era significativo, ma ancor di più la conclusione di Romano: “Ciò che l’articolo ci aiuta a mettere a fuoco però, è quanto attribuire o negare lo status di persona all’embrione, al feto o al neonato, porti con se delle enormi conseguenze in termini di ricerca e terapia possibili. E su questo, di certo, sarebbe bene concentrare il dibattito piuttosto che scagliare anatemi sulla società occidentale”! Questo commento era qualificante perché problematizzava e teneva aperto il discorso, come dovrebbe essere in una prospettiva laica: atteggiamento che non esclude eventuali critiche ragionate. Dispiace constatare che ora l’orientamento è nettamente cambiato. Perché?
di Maurizio Mori – Presidente della Consulta di Bioetica
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