22/03/2015

L’assurdo concetto di “matrimonio omosessuale” – parte III

Abbiamo spiegato, nella prima e nella seconda parte di questo articolo, che il matrimonio è essenzialmente un istituto naturale, riconosciuto anche dallo Stato per la funzione insostituibile che svolge: dare l’essere e il benessere a nuove persone, nuovi cittadini. E’ questa la funzione sociale che è presupposta anche dall’art.29 Cost. che parla del matrimonio, non a caso, come fondamento della famiglia naturale, ed è questa la funzione che lo distingue da altre formazioni sociali protette dall’art.2 Cost.

La funzione suddetta, del resto, non dipende dal riconoscimento di nessuno Stato o di nessun ordinamento. Si tratta di una finalità iscritta anzitutto nella natura delle cose: tanto nella natura dell’essere umano come essere sessuato, quanto in quella della società civile che sempre ha avuto e sempre avrà un oggettivo interesse a riconoscere, proteggere e promuovere quell’unione naturale tra uomo e donna, che sta alla base della famiglia. Poco importa (in un certo senso) che certi Stati misconoscano questo fatto o equiparino al matrimonio altre unioni ad esso imparagonabili: la struttura e la finalità naturale dell’istituto restano quelle che sono, così come resta quella che è la natura umana di cui lo Stato, per quanto ideologicamente orientato, non può disporre.

La finalità principale del matrimonio come l’abbiamo descritta è confermata dall’importante sentenza della Corte Costituzionale n.138 del 2010. In quella sentenza la Corte spiega come il “nucleo duro” dell’articolo 29, che resiste a ogni tipo di “evoluzione” sociale, esige che il matrimonio sia esclusivamente l’unione di due persone di sesso opposto, e precisa che è proprio la “(potenziale) finalità procreativa del matrimonio che vale a differenziarlo dall’unione omosessuale.

Naturalmente il matrimonio non ha come unico scopo quello della generazione: altra finalità importante è quella del bene reciproco dei coniugi che, grazie all’amore che suscita e mantiene l’unione, e alla complementarietà psico-fisica degli sposi, si perfezionano a vicenda. Tuttavia l’essere fondamento della famiglia resta essenziale ed è questa caratteristica che caratterizza il matrimonio, se così possiamo dire, in modo ancora più specifico.

A questo punto alcuni potrebbero fare delle obiezioni: se la finalità principale del matrimonio fosse quella procreativa, allora anche le coppie eterosessuali che, per una ragione o un’altra (malattia, età) non possono procreare, non dovrebbero poter sposarsi. In secondo luogo, l’ordinamento ammette il matrimonio di persone che, avendo cambiato sesso, sono inidonee alla generazione. Ora questo significa che un omosessuale, per sposarsi con il suo partner, sarebbe costretto a sottoporsi all’invasiva operazione chirurgica del cambiamento di sesso, cosa che lo discriminerebbe sia rispetto al transessuale che rispetto ad ogni altra persona eterosessuale.

Alla prima obiezione abbiamo già risposto nella prima parte. La struttura del matrimonio esige la diversità dei sessi per essere fondamento della famiglia, perché solo un uomo e una donna hanno la capacità (potenzialità) di generare. Questo appartiene all’essenza dell’istituto. E’ chiaro però che l’essenza dell’istituto non cambia per cause che sono accidentali (non-essenziali) all’unione. Tali sono le cause di infertilità che possono colpire una coppia di sesso diverso. In altre parole, l’ordinamento ragionevolmente non impedisce a un uomo e una donna, strutturalmente idonei a procreare, di sposarsi, se quella potenzialità che hanno (o che avevano) non può essere attualizzata per cause eventuali (qualche volta addirittura temporanee e risolvibili) e in ogni caso accidentali. Quella coppia, configurando la struttura essenziale del matrimonio come unione uomo-donna, anche se accidentalmente impedita a realizzare la finalità principale, potrà realizzare le altre finalità del matrimonio.

L’infertilità insomma non modifica la struttura dell’istituto. Ricordiamo che l’infertilità è addirittura sempre presente in qualche modo, in quanto anche una donna capace di procreare ha i suoi periodi infertili: se il matrimonio esigesse l’attuale fertilità degli sposi, esso dovrebbe scomparire ad ogni alternanza dal periodo fertile al periodo infertile, cosa ovviamente assurda! In ogni caso anche il riferimento all’infertilità ci permette di cogliere la differenza essenziale tra l’unione uomo-donna e l’unione omosessuale: l’infertilità si può dare propriamente solo in riferimento alla prima. Infatti “infertile” si dice propriamente del soggetto che normalmente è o può essere fertile, ma per qualche causa accidentale non lo è. Non ha invece senso parlare di infertilità rispetto a soggetti che in nessun caso possono essere fertili. Ad esempio non parleremmo di “infertilità” di una pietra o di una macchina. Così una coppia omosessuale non è “infertile”: semplicemente è fuori da ogni relazione con la fertilità non essendo strutturalmente idonea a procreare. Anche per questo motivo è errato paragonare le coppie eterosessuali infertili alle coppie omosessuali.

La seconda obiezione introduceva il caso del transessuale. La Corte Costituzionale nella sentenza 138 del 2010 dà una risposta al problema: “si tratta di una condizione del tutto differente da quella omosessuale e, perciò, inidonea a fungere da tertium comparationis. Nel transessuale, infatti, l’esigenza fondamentale da soddisfare è quella di far coincidere il soma con la psiche ed a questo effetto è indispensabile, di regola, l’intervento chirurgico che, con la conseguente rettificazione anagrafica, riesce in genere a realizzare tale coincidenza. La persona è ammessa al matrimonio per l’avvenuto intervento di modificazione del sesso, autorizzato dal tribunale. Il riconoscimento del diritto di sposarsi a coloro che hanno cambiato sesso, quindi, costituisce semmai un argomento per confermare il carattere eterosessuale del matrimonio, quale previsto nel vigente ordinamento”.

Dal punto di vista della Corte quindi, la possibilità per il transessuale di sposarsi (con una persona di sesso opposto a quello che gli è stato “attribuito”) è una conferma del matrimonio come unione uomo-donna. L’omosessuale non sarebbe “discriminato” in quanto la differenza di trattamento nei suoi confronti è ragionevole.

In verità, il presupposto da cui muove la Corte è erroneo, anche se vale come argomento “ad hominem” contro gli LGBT che pongono l’obiezione, poiché anche loro muovono dallo stesso presupposto: cioè che il cosiddetto “cambiamento di sesso” sia realmente possibile. In realtà, così non è. Il sesso di una persona è qualcosa di immodificabile: la diversità cromosomica XX – XY è presente dall’inizio alla fine dell’esistenza, in ogni cellula del nostro corpo, compreso quello del transessuale. Quella divisione genetica, poi, non è irrilevante ma anzi ha contribuito a plasmare, per sempre e già nella vita intra-uterina, le caratteristiche fondamentali della psiche e del corpo umano: caratteristiche funzionali e morfologiche che sono solo imperfettamente modificate dall’intervento chirurgico (l’intervento provoca, ad esempio, una sterilizzazione, e non attribuisce veri organi sessuali funzionanti del sesso opposto); caratteristiche addirittura encefaliche. Il transessuale avrà sempre un cervello “maschile” se è nato maschio, e “femminile” se è nato femmine, con le conseguenti differenze di lateralizzazione delle funzioni simboliche. Queste caratteristiche di sessuazione cerebrale non sono modificabili con la terapia ormonale cui è sottoposto il transessuale.

In sintesi, l’intervento chirurgico e la terapia ormonale non “cambiano” veramente il sesso di una persona, che caratterizzerà per sempre gli aspetti più intimi del suo fisico e della sua psiche. Questo gli esperti lo sanno, o lo dovrebbero sapere. Conseguentemente, un transessuale che pretendesse di sposare una persona di sesso uguale al suo sesso di nascita, darebbe in realtà vita a una unione omosessuale. Un’unione quindi inesistente, per diritto naturale, come matrimonio. Poco importa se le leggi dicono diversamente: la legge (cioè, in ultima analisi, la volontà degli uomini) non può cambiare la natura delle cose.

 

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