Ryan Bomberger ha pubblicato, sul sito di lifenews (http://www.lifenews.com/2013/10/24/abortion-hurts-more-women-and-children-than-modern-slavery-sex-trafficking/), un’interessante e acuta riflessione sull’ipocrita discriminazione che molte organizzazioni, in particolari americane, pongono in essere allorchè convergono molte energie sul contrasto (sacrosanto) del traffico di esseri umani a fini sessuali, laddove, invece, poco o nessun impegno offrono ad alzare la voce contro l’aborto (anzi, spesso favorendolo o sponsorizzandolo).
Scrive Bomberger che, anche nei campus universitari americani, è diventato molto popolare impegnarsi nella lotta contro l’ingiusto traffico sessuale, ma, allo stesso tempo, demonizzare coloro che, invece, si impegno per l’abolizione di un altrettanto e più grande delitto: l’aborto! In effetti, le organizzazioni anti-tratta raramente (o quasi mai) menzionano l’aborto.
Numeri alla mano, come si può dare torto a Bomberger? Attualmente, nel mondo, si stimano approssimativamente 29,8 milioni di schiavi (per lavoro forzato, traffico sessuale, matrimoni forzati o servili, schiavitù e pratiche simili) circa lo 0,4% dei 7,1 miliardi di esseri umani, come ha evidenziato uno studio pubblicato di recente.
Ben più alte sono le stime dell’aborto che miete ogni anno milioni di vittime, con buona pace di tutte quelle organizzazioni anti-schiavitù (tra le quali, Bomberger cita Fine Movimento , progetto Polaris , liberare gli schiavi , La Campagna A21 , Missione Giustizia Internazionale) che tacciono palesemente sul dramma dell’aborto, o lo citano solo nel contesto degli “aborti forzati” o di “aborti non sicuri”.
E, neanche a dirlo, Planned Parenthood fa da modello: sul contrasto all’aborto il silenzio è assordante e, molto spesso, si trasforma in complicità omicida.
di Giampaolo Scquizzato