In ossequio all’opinione della maggioranza del popolo russo, Putin ha vietato la partecipazione degli atleti gay alle Olimpiadi di Sochi.
Infischiandosene delle ricchezze insite nelle diversità culturali e legislative degli altri popoli (tra cui, il politicamente scorretto gli omosessuali non ci piacciono) le organizzazioni gay hanno invitato atleti e i politici a boicottare l’evento.
Diversamente da alcuni colleghi liberal (leggasi anche, i diritti dei gay innanzitutto) come Obama, Merkel, Cameron e Hollande che hanno deciso di non partecipare, Enrico Letta ha fatto sapere che ci sarà.
Onde zittire le critiche delle associazioni gay e la corrente renziana contrarie alla sua decisione, il capo del governo ha precisato che a Sochi ribadirà la contrarietà dell’Italia a qualunque norma o iniziativa discriminatoria nei confronti dei gay.
A parte il fatto che Letta non può pretendere di esprimersi a nome di tutti i cittadini italiani (a questo riguardo giova ricordare che la maggioranza del popolo italiano è contraria alle unioni omosessuali), il capo del governo non dovrebbe mai scordarsi “il chi sono io per giudicare”.
Se persino Francesco si è astenuto dal giudicare un’infima minoranza, come può Letta arrogarsi il diritto di condannare la volontà di milioni di cittadini russi?