19/05/2014

Lettera a Renzi: sono lesbica, ho una figlia con la mia compagna tramite procreazione assistita. Voglio i miei diritti

In occasione della giornata contro l’omofobia diverse sono state le iniziative promosse sul territorio nazionale, molte delle quali con scarso risultato e latitante partecipazione.

Vorremmo porre l’accento su di una lettera del Consigliere comunale di Milano, Rosaria Iardino (PD), che indirizza al Presidente Renzi un accorato appello, pubblicato sulle pagine del Corriere della Sera, a procedere speditamente con il riconoscimento delle unioni omosessuali con la conseguente omogenitorialità.

La Consigliere, omosessuale dichiarata, alleva una bambina avuta tramite procreazione assistita e lamenta di non poter istituzionalizzare la propria unione.

Matteo Renzi non è certamente il più attivo sul fronte GLBT altresì non ha mai posto limiti e vincoli che dichiarino una sua adesione ad un progetto di promozione della famiglia naturale.

Ma è proprio nel vuoto legislativo che sguazzano le amministrazioni locali e la magistratura. Le prime possono attivare tutta una serie di politiche sociali ad hoc, inclusive e livellatrici, individuando di volta in volta i soggetti interessati a ricevere particolari attenzioni da parte dell’amministrazione pubblica sotto forma di contributi o di accesso a servizi. In tribunale vediamo sempre più spesso sovvertire l’impianto tradizionale con sentenze creative: basti pensare al Tribunale di Grosseto che ha imposto la registrazione all’anagrafe del matrimonio di due uomini celebrato negli USA od all’intervento della Consulta che ha dichiarato incostituzionale il divieto di fecondazione eterologa.

E’ giunto il momento che la politica intervenga ma non a suon di frustate ed imposizione ideologiche ma seguendo il buon senso e la legge naturale, corrispondente peraltro alla volontà della stragrande maggioranza dei cittadini.

Alla Consigliere Iardino rispondiamo che l’equivoco è di fondo: la famiglia non è un elastico che può estendersi e comprendere qualsiasi forma di relazione e soprattutto che non esiste il “diritto ad avere un bambino” ma il diritto dello stesso bambino di avere una madre ed un madre.

Riportiamo, per chi fosse curioso, la lettera che l’esponente milanese del PD invia a Matteo Renzi.

Redazione

«Caro Presidente, sono una tua collega di partito e sono omosessuale. In questo 17 maggio, la giornata internazionale contro l’omofobia. ti vorrei raccontare il più bel sogno della mia vita, che ho realizzato solo in parte ma che mi piacerebbe veder completo, con la consapevolezza che ancora molto c’è da fare.

La mia famiglia è la metà compiuta ed è sicuramente la cosa più importante che io abbia; la mia compagna Chiara e la piccola Anita, nostra figlia, concepita attraverso la procreazione medicalmente assistita, sono il mio universo. Questa è una famiglia, caro Presidente, ma c’è un’altra metà del cielo ancora tutta da conquistare. Riguarda i diritti civili che a questo nucleo e a tutte le famiglie omogenitoriali vorrei fossero pienamente riconosciuti; vorrei che tutti godessero delle stesse prerogative che attualmente sono ad appannaggio delle sole famiglie eterosessuali.

Caro Presidente ti invito a guardare quello che è stato fatto a Milano anche col mio contributo, visto che dal settembre scorso siedo tra i banchi del Consiglio comunale, in quota al partito di cui siamo entrambi componenti. A Milano esiste un Registro delle unioni civili, come sai bene. Che ce ne sia uno nella mia città e in tante altre è un grande passo avanti, ma non basta. Manca naturalmente un riferimento nazionale, una normativa che accomuni tutto il paese, una regolamentazione generale che valga allo stesso modo dalle Alpi alla Sicilia. Caro Presidente, ci avevi promesso il varo di una Civil partnership nazionale e sono certo che manterrai la tua parola, ma evidentemente anche tu aspetti che una tua fetta di cielo si realizzi per dar seguito a tutto questo.

Con questa mia ti voglio però ricordare che sono migliaia le famiglie che fiduciose attendono. So che non ci deluderai e che forse farai ben più di quello che hai anticipato. A tal proposito, ti vorrei ora raccontare un paradosso che mi riguarda personalmente: in quanto Consigliere comunale, posso sposare ma non posso contrarre matrimonio con la mia compagna. Eppure non vedo differenze tra noi e le coppie eterosessuali che vengono davanti a me a siglare la loro unione.

Quando nel salone di Palazzo Reale di Milano dedicato alle cerimonie, sento pronunciare dai futuri marito e moglie quel fatidico “sì”, ho un salto al cuore. Mi immagino al loro posto assieme a Chiara e di questo sogno per un istante mi sazio. Poi mi risveglio in un paese dove tutto questo è proibito, dove qualcuno ancora ritiene il matrimonio una prerogativa delle sole coppie eterosessuali e dove la politica nazionale tergiversa o prende tempo.

Voglio allora che il mio Paese cambi, caro Presidente, e che quel sogno che ti dicevo, si realizzi pienamente. Un sogno, ti avverto, che non rimarrà mai più chiuso in un cassetto ma sarà posto, presentato ed urlato, nel caso, in faccia a tutti. Questo lo richiede anche il senso della giornata che stiamo ricordando.

Caro Presidente anche la mia è una famiglia; anche il mio è un matrimonio. Ora sta a te!».

Rosa Iardino

 

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