Talvolta si tende a considerare le persone definite “Down” come “diverse” dai “normali” esseri umani, se così possiamo definirli. Hanno caratteristiche fisiche differenti, come per esempio occhi a mandorla, lingua larga e uno sviluppo più lento della crescita, ma ciò non significa assolutamente che debbano essere di intelligenza inferiore. Queste constatazioni avevano particolare importanza prima di arrivare alla conoscenza scientifica del fenomeno. I bambini Down portavano infamia alla famiglia, perché i genitori erano considerati la causa di tale sindrome.
A questo proposito va citato Jerome Lejeune, genetista francese vissuto dal 1926 al 1994, che scoprì la causa della Sindrome di Down, la presenza di tre copie del cromosoma numero 21. Lejeune dedicò molto tempo della sua vita allo studio di patologie genetiche, si impegnò nella ricerca di nuove cure per tali malattie, nella considerazione che la vita va difesa in ogni sua forma, e opponendosi agli “uomini etici del cambiamento”. “Gli uomini etici del cambiamento sostengono che il nostro giudizio dipende dallo stato delle tecniche. Se la fabbricazione e la modificazione di un uomo entra in scena, non si potrebbe, con l’inserimento di sequenze speciali, introdurre nell’embrione delle doti eccezionali che porterebbero alla nascita di individui superiori? L’uomo vuole avere un potere che va oltre la sua conoscenza, bisognerebbe perciò inventare una regola che limiti le sue imprudenze.” Secondo Lejeune la scienza era strettamente collegata alla fede e a Dio; egli infatti intendeva la modificazione e la manipolazione di un uomo come la tentazione dell’orgoglio assoluto. Quindi l’uomo non era più creato ad immagine di Dio, ma a immagine dell’uomo. Il punto cardine dei suoi studi era la protezione della vita di ogni persona, che deve essere amata anche nei suoi limiti: aveva cura di ogni essere umano, malato o sano che fosse, a dispetto di molti, in quel periodo, che ritenevano vita soltanto un feto con il corredo cromosomico esatto. La saggezza che il sapere della genetica portava in sé – diceva Lejeune – è capire la diversità di ogni uomo per considerarlo unico al mondo. Mi ha colpito molto la frase: “Dite piuttosto che questo bambino vi disturba e perciò preferite ucciderlo, ma dite la verità. E’ un uomo la cosa in questione, non un ammasso di cellule”.
Della vita di Jerome Lejeune mi ha colpito ogni cosa; ma soprattutto la straordinarietà e la fedeltà alla sua posizione. Ad un discorso all’O.N.U., per esempio, dichiarò che, attraverso l’approvazione dell’aborto, l’istituzione stessa avrebbe avuto come scopo la morte e non più la vita. Un discorso del genere compromise infatti l’assegnazione del premio Nobel, che, per la sua carriera, sarebbe stato molto importante.
Il genetista non cambiò mai la sua idea sulla difesa della vita, concepita come un dono, perché la sua posizione era più importante di una semplice onorificenza o di un semplice fatto, che comunque non gli avrebbe trasmesso la stessa felicità della perpetua fedeltà alla difesa della vita.
Liceo Classico Prati – Trento
Fonte: Repubblica