La Liguria è la prima regione italiana ad approvare una mozione a tutela della maternità e della vita nascente. Il provvedimento è passato martedì mattina a maggioranza assoluta in consiglio regionale, con i 17 voti favorevoli del centrodestra, i 7 contrari del Pd e i 5 astenuti del M5S e della sinistra radicale. Sulla falsariga di quanto già è avvenuto a Verona e in alcuni altri comuni, la giunta regionale ligure viene impegnata a mettere in atto una serie di misure finalizzate a incoraggiare le gestanti in difficoltà a dare alla luce i loro bambini, secondo i dettami degli articoli della pur ingiusta legge 194 che si prefiggono la prevenzione dell’aborto.
Per l’occasione, Pro Vita ha contattato Matteo Rosso, consigliere regionale di FdI, primo firmatario della mozione, che ha spiegato la natura del provvedimento.
Rosso, come si è arrivati all’approvazione della vostra mozione?
«È stato un percorso molto combattuto, frutto di un clima politico molto cambiato in Liguria, dove per anni la sinistra ha impedito che passasse qualunque legge di questo tipo. Già tre anni fa, ad esempio, siamo riusciti a riportare il crocifisso in aula consiliare, mentre in precedenza ci fu bocciata una mozione che riconosceva la famiglia come fondata sull’unione matrimoniale tra uomo e donna.
Ho preparato la mozione appena approvata con l’aiuto del Movimento per la Vita e in particolare del presidente della federazione regionale ligure del MpV, Giovanni Rocchi. È stato un lavoro frutto di una grande attenzione, senza mai voler essere minimamente provocatori nei confronti di chi la pensa diversamente. Nella sostanza chiediamo che vengano messe in atto tutte le misure possibili che aiutino le mamme a non abortire: loro stesse devono sapere quali sono i mezzi a loro disposizione, a chi rivolgersi nel consultorio, ecc. Come ho ribadito anche in Consiglio Regionale, la sofferenza non è sempre solo della madre ma spesso coinvolge tutta la famiglia del bambino. Possono esserci coppie che già hanno tre figli e si troverebbero in difficoltà a mantenerne un quarto: queste famiglie vanno economicamente aiutate».
Com’è stata accolta la mozione dalle varie forze politiche in Consiglio Regionale?
«La sinistra continuava a chiedere di inserire un riferimento all’“autodeterminazione della donna” e hanno preteso, invece, di cancellare dalla mozione le parole “maternità” e “salvaguardia della vita”. Non abbiamo ceduto e, alla fine, proprio per questo, il Pd ha votato contro, mentre il M5S e la sinistra radicale si sono astenuti. Mi hanno accusato di voler impedire l’aborto, io vorrei semplicemente che sia fatto il possibile affinché una donna non lo pratichi. Poiché, secondo me, la vita è sacra, questa non è una battaglia strumentale ma una battaglia per i valori. Io ci credo veramente, sono questioni che ho vissuto sulla mia pelle in famiglia: con mia moglie abbiamo tre figli ma, in passato, lei ha avuto degli aborti spontanei, quindi so qual è il segno che una maternità mancata può lasciare in una donna».
Dopo Verona, Ladispoli e altri Comuni, finalmente anche una Regione che tutela la maternità…
«Sì, la nostra mozione intende mettere in atto tutti i collegamenti possibili tra servizi sociali, servizi sanitari, ospedali, consultori e ginecologi, affinché qualunque futura mamma che si rivolga al consultorio non si ritrovi costretta ad abortire per mancanza di possibilità economiche. Fermo restando che, anche dove siano messe a punto tutte le condizioni economiche e sanitarie affinché non abortisca, nessuno potrà impedirglielo. Tra le prossime misure da adottare a sostegno della maternità, ho intenzione di ripresentare una mia vecchia proposta per una carta prepagata a disposizione delle madri con un Isee molto basso, di modo che, nei primi sei mesi, loro stesse abbiano a disposizione i beni necessari per i propri bambini».
Se gli enti locali che promuovono la vita cominciano a essere così tanti, vuol dire che, dopo più di quarant’anni di Legge 194, qualcosa sta finalmente cambiando?
«Sicuramente il vento sta cambiando in una ex “regione rossa” come la Liguria. Regioni come la Lombardia sono più avanti, hanno sempre avuto una visione diversa su vita e famiglia, mentre da noi, fino a poco tempo fa, si finanziavano le cure ormonali per i transessuali. Credo comunque stia cambiando un po’ tutto il Paese, il vento del ’68 sta finendo e si torna un po’ a certi valori tradizionali».
Luca Marcolivio