Il 3 giugno scorso, a Ginevra, durante una riunione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, alcuni delegati si sono scontrati con l’attuale direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus. Il motivo? Il tentativo di riconoscere ufficialmente, all’interno dell’organizzazione internazionale, il Centro per i Diritti Riproduttivi, di fatto una lobby radicale abortista.
Tedros ha di fatto implorato 34 Paesi membri – che rimangono su posizioni pro life o comunque non radicalmente abortiste - di approvare la proposta, mescolando nel suo intervento storie personali e affermazioni varie sull’importanza e la necessità del diritto d’aborto per ridurre la morte delle madri in gravidanza e durante il parto.
Almeno una dozzina di Paesi, appunto, alla fine si sono schierati contro il provvedimento. Un delegato egiziano, a proposito di Tedros, ha espressamente descritto il suo discorso come ingannevole e fuorviante, nonché ideologico e finalizzato a convincere i Paesi a diventare dichiaratamente abortisti. Tedros aveva infatti affermato che il Centro per i Diritti Riproduttivi vorrebbe riconoscere un vero e proprio diritto di aborto solo nei casi più gravi e particolari come incesto, stupro e nel caso di pericolo di vita per la madre. Eppure il programma del Centro sembrerebbe andare molto oltre. Il delegato egiziano, a tal proposito, ha dichiarato: «Non stiamo parlando di operazioni volte a salvare la vita di donne in gravidanza, già accettate e previste in diversi degli Stati presenti, ma di aborto a richiesta e di possibilità di cambio di genere sulla base della propria auto-identificazione».
Effettivamente il Centro per i Diritti Riproduttivi è uno studio legale internazionale, ma anche una vera e propria lobby, che si dedica alla promozione del presunto diritto all’aborto e delle libertà sessuali. Si punta così a modificare, in senso ancora più ampio, le leggi abortiste, ad esempio rimuovendo l’obiezione di coscienza e la necessità del consenso genitoriale per le minorenni. Negli ultimi anni, inoltre, il centro si è spinto anche a toccare il tema della transizione di genere, per adulti e minori. Evitano invece, da sempre, di affrontare quegli argomenti che, se studiati e applicati a dovere, potrebbero davvero salvare la vita delle donne in gravidanze difficili: cura ostetrica d’emergenza, assistenza qualificata durante il parto, un più facile accesso alle strutture mediche e all’istruzione, oltre che a una nutrizione sana e ai servizi igienico-sanitari.
Dunque i delegati provenienti dai Paesi che restano più legati alle tradizioni e alla religione si sono rifiutati di approvare il provvedimento, in particolare quelli degli Stati africani, degli Stati del Golfo e dell’Organizzazione per la Cooperazione tra Paesi Islamici, i quali sostengono che il Centro promuoverebbe politiche contrarie alle loro leggi, alla loro cultura e alla loro religione, e metterebbe a rischio la credibilità dell’OMS stessa.
Intanto, Rebecca Oas, direttore del Centro per le Famiglie e per i Diritti Umani, ha dichiarato, commentando le parole di Tedros: «il direttore afferma che l’OMS non forzerà i Paesi a fare quello che non vogliono. Eppure è esattamente questo lo scopo del Centro per i Diritti Riproduttivi: imporre agli Stati di liberalizzare l’accesso all’aborto».