“Dio non ha mai smesso di farmi la corte.”
Questa la sensazione che ha portato un giovane dal continuo desiderio di farla finita alla voglia di vivere, far crescere la propria famiglia ed aiutare gli altri.
Ma riavvolgiamo il nastro e partiamo dall’inizio.
Luca è un bimbo cresciuto senza padre che ha ricevuto solamente cure femminili e della mamma ha assorbito i modi di fare tanto da esser considerato da subito il classico “effemminato”. Quando ha sentito le prime pulsioni verso un compagno di classe i medici del consultorio sono stati categorici: “Signora, Suo figlio è gay.” Punto, capitolo chiuso. Ragazzo timbrato, pratica archiviata.
Con questa nuova etichetta, Luca ancora adolescente conosce un uomo più grande che lo avvicina agli ambienti gay da cui, subito, inizia a trovarne giovamento: tali sono state le entrate di denaro che ancora diciassettenne il ragazzo è andato a vivere da solo.
Ebbro di cose materiali ma costantemente sull’orlo di un precipizio. Di due cose Luca si rende quasi immediatamente conto: lo stato di solitudine in cui versava e la distanza dalle logiche imperanti nel fatato mondo delle varie associazioni gay.
A 24 anni Luca si ritrova sieropositivo, con nessuna stabilità nei rapporti sentimentali, molti compagni di vita morti di HIV e con l’unico sollievo da ritrovarsi nelle cose materiali, sensazione che si alternava alla costante depressione che portava periodicamente ad indugiare in pensieri suicidi.
Anche il magico mondo GLBT, in cui era ampiamente introdotto, non lo aiutava: le varie arcigay e simili riducevano le persone a cose, basavano tutto sul sesso ed incentravano le energie non tanto sull’aiuto delle persone omosessuali ma sul rendiconto economico e sulla speculazione.
In mezzo al buio, al baratro, Luca si ritrova con un rosario in mano –impolverato, di famiglia- e ripete apparentemente senza significato quello che ha visto da bambino fare alla madre ed alla nonna. Inizia a pregare, senza riconoscere le varie stazioni, senza seguire l’ordine preciso. Ma prega. E subito si sente investito da una sensazione di serenità che lo porta a volerne ricercare la fonte. La conversione come ricerca in Luca è contemporaneamente la sua cura: si dissolvono nel nulla gli attacchi di panico, svanisce l’attrazione verso gli uomini. Luca rifiorisce.
La ciliegina sulla torta –come lui stesso la definisce- è l’incontro con una ragazza, durante un pellegrinaggio. Una a cui non interessava cosa Luca fosse prima ma era fermamente convinta di voler dividere con lui la vita. Così arrivò il matrimonio e poi una figlia che ora ha pochi mesi.
Questa è la storia che Luca di Tolve ha voluto presentare in una serata organizzata dal Coordinamento Famiglie Trentine presso la sala dei Salesiani a Trento venerdì 6 giugno. Una storia che non è solo autobiografia ma vuole essere soprattutto promozione di un giusto ed equilibrato modo di intendere la vita. Per questo motivo, proprio in un suo precedente viaggio nel capoluogo trentino, ha deciso di far nascere un’associazione che si occupasse dei disturbi affettivi delle persone che si sentono omosessuali, gruppi d’aiuto con professionisti e psicoterapeuti ma anche luoghi di ricerca intima di sé. Ha così creato la Casa della Spiritualità in Valcamonica dove ex gay, coppie di fidanzati o sposi, persone che hanno bisogno di affidarsi ad un ritiro spirituale possono trovare asilo.
Redazione