Sviluppare la nuova generazione di preservativi. È questa l’ultima sfida lanciata da Bill Gates, fondatore di Microsoft, che pare pronto a investire fino a un milione di dollari su progetti che possano avere serie prospettive di realizzazione concreta.
La notizia, resa pubblica tra gli altri da Fox News, trova conferma nel sito ufficiale del Grand Challange in Global Health (Grande sfida per la salute globale), iniziativa finanziata dalla Gates Foundation, gestita dal miliardario e dalla moglie Melinda.
Per comprendere il filantropismo in salsa maltusiana che si annida in questo tipo di approccio al problema dell’uso del preservativo, è interessante analizzare le caratteristiche che dovrà avere il progetto che si candida a ricevere denaro.
Innanzitutto dovrà contemplare l’uso di nuovi e sicuri materiali che possano mantenere inalterata o addirittura migliorare la sensazione durante l’amplesso. A ciò si dovranno associare una nuova forma del condom, che consenta una migliore esperienza per chi lo usa, e l’applicazione di conoscenze interdisciplinari, volte a rendere l’uso del preservativo desiderabile durante un rapporto.
Il problema principale, secondo il bando per il finanziamento, risiede infatti nello scarso appeal che ha il condom per i maschi: secondo la Gates Foundation, infatti, esso sarebbe facile da usare, ottimo per il trasporto e la facilità di diffusione capillare, insostituibile per la lotta alle malattie sessualmente trasmissibili, ma fastidioso per la gran parte di coloro che se lo devono infilare.
Da tutti i requisiti fin qui esposti, risulta chiaro che gli unici aspetti considerati sono quelli tecnici e fisiologici. Si parla di materiali, sensazione e piacere, ma mai di educazione. Addirittura, in modo esplicito, si dichiara che non saranno presi in considerazione progetti basati esclusivamente su interventi a livello educativo.
Le contraddizioni e le falsità insite in questo tipo di impostazione sono molteplici. Stanziare fino a un milione di dollari per migliorare un prodotto, significa ammettere implicitamente che quel prodotto è lungi dall’essere il mezzo ideale per raggiungere il fine desiderato. Sembra dunque di capire che il preservativo, così come concepito oggi, non è la soluzione ultima e definitiva alla piaga della diffusione del virus dell’Hiv per il semplice fatto che a molti non piace usarlo. Dunque, perché affermare, come invece viene fatto, che il condom è il «prodotto perfetto»?
Qualcuno sarebbe pronto a definire «prodotto perfetto» una cintura di sicurezza che sembrerebbe garantire la sopravvivenza a un schianto a 200 km/h, ma talmente scomoda da essere indossata, poniamo il caso, da solo due automobilisti su tre? È ormai scientificamente accertato, inoltre, che approcci di prevenzione delle malattie basati solo sull’uso del preservativo non hanno la medesima efficacia di quelli che mettono al primo posto la continenza sessuale, ovvero un esercizio della propria sessualità in accordo alla propria condizione: astinenza e fedeltà al proprio partner (per questi aspetti si veda il volume di Matthew Hanley e Jokin de Irala Affirming Love, Avoding Aids: What Africa Can Teach the West e si consultino le numerose pubblicazioni scientifiche reperibili, ad esempio A Surprising Prevention Success: Why Did the HIV Epidemic Decline in Zimbabwe? Del professor Daniel Halperin di Harvard).
Per restare al paragone automobilistico, come sarebbe giudicata una campagna pubblicitaria che sorvoli sulla necessità di educare al rispetto dei limiti di velocità, e anzi ne affermi l’inefficacia, invitando esclusivamente ad allacciarsi la cintura di sicurezza (scomoda, per giunta)?
La vera questione, poco esplicita ma evidente, è in realtà quella del controllo delle nascite. Una sorta di virus neo-maltusiano che sembra contagiare molti dei miliardari di tutto il mondo, secondo i quali evidentemente la ricchezza e il benessere del pianeta passano da una drastica riduzione dei suoi abitanti.
La Gates Foundation ha finanziato il London Family Planning Summit, tenutosi l’11 luglio 2012 e conclusosi con un obiettivo condiviso: garantire l’accesso alla contraccezione a 120 milioni di donne dei Paesi poveri entro il 2020.
Al meeting londinese ha partecipato la stessa Melinda, che, intervistata da Marianne Schnall per l’Huffington Post nel novembre successivo, ha parlato chiaramente di pianificazione familiare come questione di importanza capitale per il futuro dell’umanità.
Secondo la moglie di Bill Gates, i contraccettivi avrebbero un alto «potenziale salvavita» e permetterebbero alle donne povere di distanziare o evitare le gravidanze per poter garantire la corretta alimentazione ai figli che già hanno.
Tra i partner più affidabili per questo tipo di impegno, nella stessa intervista Melinda Gates cita Warren Buffett, la cui fondazione ha destinato due milioni di dollari al finanziamento dei trials clinici della pillola abortiva RU486 e altrettanto denaro all’associazione Family Health International per la distribuzione di prodotti per la sterilizzazione femminile.
Nel 2009 molti quotidiani pubblicarono la notizia di un incontro riservato, tenutosi a New York, di quello che si potrebbe definire il club dei miliardari, tra cui Bill Gates, David Rockefeller, Ted Turner, Oprah Winfrey, Warren Buffett, George Soros e Michael Bloomberg. Persone che hanno in comune il contenuto del portafoglio: molto denaro e la patente di filantropo.
Tutti i nomi citati ricorrono quando all’ordine del giorno c’è un unico punto: la sovrappopolazione mondiale e la conseguente necessità di diminuire le nascite. Non a caso, la Rockefeller Foundation è legata indissolubilmente alla Planned Parenthood, la nota organizzazione che fa della diffusione di aborto e contraccezione a livello mondiale la ragione della propria esistenza: la prima clinica di Margaret Sanger, fondatrice della American Birth Control League, antico nome proprio di Planned Parenthood, fu aperta nel 1923 grazie al finanziamento della famiglia Rockefeller.
La lista di queste prese di posizione nella direzione di un massiccio intervento internazionale per il controllo demografico sarebbe lunga. Ci sembra opportuno chiudere riportando le incredibili affermazioni di Ted Turner, risalenti al 2009.
Ospite di una trasmissione radiofonica, il Diane Rehm Show, interrogato sulle questioni relative al modo di implementare la pianificazione familiare, Turner dichiarò: «Abbiamo l’esempio della Cina: l’hanno fatto, per quel che posso vedere, senza misure draconiane». L’anno successivo, lo stesso fondatore della CNN, ribadì il concetto alla conferenza di Cancun sul riscaldamento globale: per risolvere il problema, tutte le Nazioni, secondo Turner, dovrebbero adottare la politica cinese del figlio unico.
di Lorenzo Schoepflin