Un recente rapporto dell'UNFPA dichiara la "gravidanza non intenzionale" come una crisi globale a cui bisogna porre rimedio.
L'UNFPA è il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, cioè l'agenzia Onu che è votata al controllo della popolazione. E già da questo si capisce che in tema di "diritti sessuali e riproduttivi", cioè di aborto e contraccezione è sfacciatamente schierata, peggio dell'Oms (che pure ha posizioni estreme e radicali) .
Pochi sanno che - per esempio - è stata l'Unfpa a fornire alla Cina assistenza e know-how per organizzare la crudele e spietata politica del figlio unico che per più di trent'anni ha massacrato donne e bambini prive del "permesso di nascita" rilasciato dal governo.
In quest'ultimo rapporto riferisce che quasi la metà di tutte le gravidanze non sono intenzionali il che sarebbe «un fallimento globale nel difendere i diritti umani fondamentali delle donne e delle ragazze».
Il problema più grande, di gran lunga, è il bisogno insoddisfatto di contraccezione, secondo loro. Ovviamente l'UNFPA ignora che ci sono molti sondaggi che smentiscono queste sue affermazioni (solo il 5% delle donne si dichiara insoddisfatta dall'accesso alla contraccezione) e ignora tutte le donne, anche laiche e "pro-choiche" che denunciano l'inganno della contraccezione ormonale e gli effetti collaterali pericolosi delle varie pillole dei giorni prima e dei giorni dopo (qui solo un esempio).
L'UNFPA però ammette che non tutte le gravidanze "indesiderate" sono davvero "indesiderate".
E infatti, come tutti i prolife, sappiamo bene che in alcuni casi una gravidanza può rappresentare un vero problema per la madre e per la sua famiglia, per le circostanze socioeconomiche in cui si trova la donna, ma sappiamo anche che se la società si facesse carico di detti problemi e offrisse un aiuto le donne avrebbero la possibilità di scegliere la vita. Il volontariato che si vota a questo scopo ne dà prova quotidianamente.
I dati dell'UNFPA, poi, rilevano che comunque le gravidanze non intenzionali sono in diminuzione, ma gli aborti no. E sottilmente insinua che l'accesso all'aborto non dovrebbe essere regolato solo dalle leggi nazionali perché si tratta di un "diritto umano" che deve essere universalmente garantito: "costringere" le donne a continuare gravidanze indesiderate «riflette l'idea discriminatoria che il valore delle ragazze e delle donne risieda esclusivamente nelle loro capacità riproduttive»: ignora completamente che la gravidanza e un figlio sono sempre visti come una benedizione, anche e soprattutto nei Paesi in via di sviluppo che non sono stati ancora rovinati dalla cultura della morte che pervade le menti e indurisce i cuori alle nostre latitudini.
E, dulcis in fundo, afferma il rischio di una gravidanza indesiderata non lo corrono solo le donne, ma anche « alcune persone che non si identificano come donne».
Fonte: c-fam.org
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