Giovane e in attesa di una bambina. Una gioia rovinata dalla scoperta di un tumore al cervello. Ancora più calpestata dalla esortazione, che le viene rivolta, di abortire per sottoporsi alle cure più adeguate: rispetto a esse – le dicono – la gravidanza è un ostacolo.
Angela è più saggia dei consiglieri di morte: fa sapere che non si sottoporrà a nessuna cura che comporti l’uccisione della figlia. Poi scopre che esiste una terapia che le permette di curarsi e di portare a termine la gravidanza.
A Bari, in una struttura pubblica, vi è una macchina che pratica quella terapia: peccato che non sia mai stata messa in funzione; ve ne sono altre, ma in strutture private, non alla portata delle sue risorse e la Regione Puglia non vuol fare la convenzione. Alla fine pratica quella cura in una clinica in Grecia, a sue spese.
Che il Signore accompagni Angela e la sua creatura. Ma che elimini dalle nostre menti una così folle e ideologica indifferenza: una Regione impegnata nella diffusione della Ru486 e nel contrasto ai medici obiettori abbandona una mamma in difficoltà; la burocrazia della sanità inventa mille cavilli pur di non andare incontro alla vita nascente e a chi la porta in grembo; una quantità di comitati per le pari opportunità volutamente ignora che la prima opportunità è venire al mondo e restare in vita; un sistema mediatico dedica a uno scandalo del genere al più qualche trafiletto.
Siamo una nazione di vecchi disperati. L’emergenza antropologica non è una espressione roboante su cui costruire convegni, è la solitudine in cui si lascia chi ha il coraggio di sfidare la morte per dare la vita.
Il destino segnato non è quello di Angela che, comunque vada, ha vinto; è il nostro di italiani, che emarginiamo le nostre tante Angele che ci indicano una strada di speranza, e per questo siamo votati alla sconfitta.
Alfredo Mantovano
Fonte : Tempi