Anche quest’anno Costanza Miriano sarà presente alla Manifestazione Nazionale “Scegliamo la Vita”. Raggiunta telefonicamente da Pro Vita & Famiglia, la giornalista ha lanciato un appello alla partecipazione all’evento del prossimo 20 maggio a Roma. Questa Manifestazione, afferma Miriano, è a favore della vita nascente ma è anche una benedizione per tutte le donne, in quanto ne riconosce e celebra la loro natura più nobile: la capacità, per l’appunto, di accogliere e custodire una nuova vita in arrivo.
Costanza Miriano, anche quest’anno lei parteciperà alla Manifestazione per la Vita del prossimo 20 maggio: si sente di lanciare un appello ai pro-life italiani affinché accorrano numerosi?
«Sarà importantissimo esserci, anche se qualcuno dice che i tempi non sono ancora maturi per un’abolizione della Legge 194, dal momento in cui sarebbe prima necessario innescare un cambiamento culturale. Quindi, probabilmente, presenziare alla Manifestazione per la Vita è un gesto che non ha un’utilità concreta immediata, però penso che sia importantissimo continuare a crederci: del resto, quello che è successo negli Usa [con il ribaltamento della sentenza Roe vs Wade, ndr] lascia ben sperare. Sappiamo bene che, tra noi cattolici, ci sono sempre divisioni, sensibilità e appartenenze differenti, tuttavia, questo è un tema davvero fondamentale, su cui non si può negoziare. Chiaramente dobbiamo occuparci delle necessità materiali e spirituali, di povertà, di immigrazione, di evangelizzazione, ma, prima di ogni altra cosa, dobbiamo consentire ai bambini di vivere. Sarebbe bello non fossimo soltanto noi cattolici ad occuparci della difesa della vita, specie quando è debole: dovrebbe essere un tema di interesse universale. Il mio sogno è che un giorno saremo in 60 milioni a marciare!».
La partecipazione femminile alla Manifestazione per la Vita è sempre più entusiasta e significativa. Ritiene che la presenza di così tante donne possa essere l’adeguata risposta al revival femminista di questi ultimi anni?
«Non immaginavo la partecipazione femminile alla Manifestazione per la Vita fosse così forte, però, in fondo la cosa non mi stupisce, perché la difesa della vita è scritta nel cuore e nel corpo di ogni donna. Credo, insomma, che i tempi siano maturi per un nuovo femminismo, che tuteli, prima di tutto, il diritto della donna ad accogliere e custodire la vita. In subordine, ci sono i temi della tutela della maternità, del diritto al lavoro, degli assegni familiari, ecc. Sarei contenta, quindi, se si riuscisse a dare un altro colore al femminismo, di modo che non sia più definito “diritto” l’uccisione di un bambino ma, piuttosto, sia riconosciuto come diritto quello di accoglierlo e custodirlo».
Rispetto agli anni passati, la Manifestazione per la Vita si è estesa dal tema dell’aborto a quello, più generale, della tutela della vita in ogni forma e in ogni momento. Qual è, dunque, a suo avviso, il “tema principe” quando si parla di difesa della vita?
«Credo che, in questi anni, il tema di fondo risieda nel fatto che l’accoglienza della vita sia qualcosa di sempre meno scontato (sappiamo bene, del resto, quanto sia stata poco recepita l’enciclica Humanae vitae…): penso, ad esempio, all’idea che si possa gestire e manipolare la vita, attraverso modalità come l’utero in affitto ma anche la fecondazione artificiale, per non parlare delle ultime novità sulla contraccezione. Il tema di fondo, quindi, credo sia l’idea della vita percepita come un bene disponibile, gestibile e manipolabile. La vita, al contrario, è un regalo bellissimo e chi lo riceve va aiutato a custodirlo. Oltre che un regalo, però, la vita è anche un impegno, una chiamata alla responsabilità che dovrebbe essere il più possibile condivisa. Vi sarebbero tanti temi correlati, penso alla tutela della disabilità, che andrebbe sempre vissuta come un’opportunità per la società, come una sfida. Il cuore del problema è proprio questo: la vita si riceve, si accoglie, è un regalo e non un diritto, non si progetta. Mi sembra questo, quindi, il tema che unisce tutto, dalla fecondazione artificiale all’utero in affitto».