09/03/2022 di Manuela Antonacci

Manifesti rimossi e sede vandalizzata. Miriano: «Femministe pensano solo all’autodeterminazione sessuale e non al bene completo delle donne»

La Giornata internazionale della donna che si è celebrata ieri è stata l’occasione – come ogni anno – per ribadire le battaglie legate al raggiungimento della parità dei diritti. Non tutti i temi che riguardano la libertà delle donne, però, sono ben visti dalle femministe, soprattutto quando si parla di maternità e vita nascente. Di questo abbiamo parlato con la giornalista Costanza Miriano, raggiunta al telefono proprio in occasione dell’8 marzo e, purtroppo, in concomitanza con la rimozione delle affissioni della nostra Onlus sulla Giornata e con gli atti vandalici che hanno interessato la sede nazionale di Pro Vita & Famiglia, proprio ad opera di alcuni collettivi femministi.

La campagna di affissioni di Pro Vita & Famiglia ha voluto mettere in evidenza un diritto delle donne spesso negato, quello alla Vita, ma anche lanciare l’allarme sugli aborti selettivi.

«E’ stata un’iniziativa lodevole. Il problema, infatti, è che il femminismo combatte solo per l’autodeterminazione sessuale, non combatte per il vero bene completo della donna che prevede innanzitutto il diritto di nascere e di essere donna, diversa dall’uomo con tutte le sue esigenze peculiari. L’aborto selettivo, poi è davvero una follia.

Un altro tema tanto caro per l’8 marzo, ma che ci sentiamo di ribadire anche oggi e, ovviamente, ogni giorni, è la a conciliazione lavoro-famiglia, che sembra un miraggio per molte donne. Altrettanto difficile è la possibilità, quasi nulla, di scegliere di dedicarsi completamente alla famiglia. È così?

«Sì e i tempi sono maturi perché il femminismo cambi cifra. Nel senso che per quanto sia legittima la richiesta di emancipazione e della possibilità di scegliere di poter lavorare, tuttavia, adesso possiamo alzare un po’ il tiro e chiedere che ci sia permesso, senza che sia considerata una concessione ma un diritto e un bene per tutta la società, di lavorare con uno stile tutto femminile e dunque tenendo conto dei tempi di cura. E’ il tempo di una nuova rivoluzione femminista, secondo me: che i tempi di cura sia un argomento che venga messo finalmente a tema. E’ impensabile che una donna lavori come un uomo, con lo stesso orario fisso per tutta la vita, perché ci sono momenti in cui i tempi di cura sono diversi, ad esempio quando i bambini sono piccoli o i genitori sono anziani. La cura dei primi anni di vita di un bambino non è un problema solo nostro ma di tutta la società e non dev’essere considerata un lusso o una concessione, tant’è che in molti paesi europei il part time è un diritto. In Italia se proprio vuoi fare figli sfuggendo a tutte le proposte di aborto (ne ho ricevute anche io all’età di 27 anni) poi devi sbrigartela da sola se hai un lavoro precario. Io stessa ho dovuto accettare dei contratti quando i miei figli avevano 4 mesi, per necessità, perché ero precaria. Non mi sono potuta permettere il lusso di aspettare che i miei bambini crescessero».

Un altro “dettaglio” inquietante. Le donne, nel dramma dell’aborto, vengono lasciate sole. Che ne pensa?

«In Italia si contravviene anche alla legge 194, in cui viene spiegato che l’aborto dev’essere l’ultima soluzione, dopo che lo stato avesse tentato, con ogni mezzo, di aiutare le le donne a generare la vita. Invece questo aspetto della legge viene, ogni giorno, ignorato. Non viene garantita tutta quell’assistenza di cui si parla nella 194 che rimane lettera morta. Dobbiamo cominciare a pensare che una donna che genera la vita è un bene per la società e va aiutata e sostenuta».

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