Sulla Nuova Bussola Quotidiana, Renzo Puccetti ieri commentava in modo sagace e razionale le esternazioni di certi vescovi che si dicono favorevoli alle unioni civili, cioè al matrimonio gay.
Che le unioni civili – se passano – si trasformeranno a breve in matrimonio a tutti gli effetti, adozione compresa, lo sanno tutte le persone intelligenti, anche “laiche”, come l’illustre giurista Cesare Mirabelli.
Quindi, se tali prelati sono intelligenti – cosa della quale non abbiamo alcun motivo di dubitare – lo sanno anche loro.
Tralasciamo il risvolto più strettamente cattolico della critica pacata, ma incisiva che Puccetti rivolge a detti vescovi. In particolare la parte conclusiva sulla morale, sulla castità e sugli atti sessuali intrinsecamente disordinati (che possono essere sia omosessuali che eterosessuali, sì. Ma gli atti sessuali intrinsecamente ordinati al bene naturale possono essere solo tra persone di sesso diverso), sul Catechismo della Chiesa Cattolica e il Magistero. Questa parte presumiamo interessi soprattutto i Cattolici che potranno leggerla sulla Bussola.
A noi fa piacere riportare alcune considerazioni di carattere più generale non inerenti alla religione.
“Sul versante della politica qualcuno mi dovrebbe una buona volta spiegare – dice Puccetti – perché la gioiosa macchina da guerra dei nuovi diritti dovrebbe arrestarsi per tutelare l’amore soltanto tra due soggetti: una volta infatti che il sesso dei nubendi sia dichiarato indifferente per la formazione del ‘sacrosanto diritto’ dell’unione, perché dovrebbero essere importanti il numero, o l’età?”
Chi segue le faccende negli USA sa che dopo la sentenza Hobergefell vs. Hodges che ha dichiarato incostituzionali le leggi a protezione del matrimonio tra solo un uomo e una donna, la macchina per il matrimonio poliamoroso ha preso a girare a pieno ritmo”.
Aggiungiamo che i nostri lettori già sanno che in Canada sono molto più avanti, e in Brasile sono già stati legalizzati dei “matrimoni” a tre.
Anche sul versante della filosofia del diritto le considerazioni del bioeticista toscano sono molto interessanti.
“Certo che esistono i sacrosanti diritti, ma questi si identificano sempre con i diritti fondamentali della persona. Il diritto al riconoscimento pubblico simil-matrimoniale della relazione omosessuale di un soggetto è forse un diritto fondamentale della persona?
Il giurista Rodotà, una lunga carriera nelle liste del PCI prima e del PDS dopo, scrive in difesa del “diritto di amore“. Tuttavia se si fosse davvero convinti che è appunto l’amore il fondamento del riconoscimento pubblico delle unioni omosessuali, allora in ossequio a questo “gius-sentimentalismo”, efficace termine introdotto dal giurista Aldo Vitale, autore di un interessantissimo volume appena uscito sull’argomento (Gender, questo sconosciuto. Fede e Cultura edizioni, Verona 2016), si dovrebbero includere sempre ed invariabilmente anche gli amori fraterni, genitoriali, filiali, parentali, amicali, ovvero tutti gli amori anorgasmici. Ora ci accorgiamo che nessun paladino delle unioni civili, apre mai anche a questi amori, consapevole forse che farlo costituirebbe un colpo mortale proprio al reale diritto che si intende promuovere che non è di amore, ma di orgasmo.
Ho la netta impressione che la filosofia che sottende questa stagione di nuovi diritti mascherata da diritto di amore sia dunque il “gius-edonismo“. Se infatti l’amore senza alcun amplesso non merita il “sacrosanto diritto” al riconoscimento, allora diventa evidente che l’elemento che conferisce dignità pubblica alla relazione è apportato dal piacere derivante dalla soddisfazione sessuale.
Ma quale rilevanza pubblica può avere un amplesso intrinsecamente sterile? In che cosa arricchisce la società tanto da scomodare lo Stato a conferire ad esso valore di bene pubblico? L’unione matrimoniale che unisce un uomo e una donna dà per scontato che i coniugi reciprocamente acconsentano “all’uso” del corpo tra loro mediante atti di tipo generativo, che rimangono tali anche quando non giungono alla generazione di figli. È questo un aspetto talmente centrale del matrimonio che sia la legge civile che quella canonica riconoscono e dichiarano nullo un matrimonio mai consumato”.
Redazione