09/11/2014

Matrimonio gay e separazione dei poteri

I sindaci che registrano i matrimoni gay contro la legge e con un evidente abuso di potere, i giudici che emettono sentenze creative in barba alla separazione dei poteri, e tutti quelli che plaudono agli uni e agli altri e magari si danno con vanto la qualifica di democratici, dovrebbero andarsi a leggere la sentenza  della Corte d’Appello Federale degli Stati Uniti d’America, che ha confermato la legittimità della normativa che tutela il matrimonio eterosessuale in quattro stati americani – Michigan, Kentucky, Ohio e Tennessee.

Evidentemente, la Corte d’Appello americana – a differenza di giudici e sindaci nostrani – ricorda che esiste la separazione dei poteri.

Erano state impugnate, infatti, le leggi che in detti stati definivano il matrimonio come un’unione tra un uomo e una donna, e molti giudici di primo grado avevano sentenziato che tali leggi violavano il principio d’uguaglianza contenuto nella Costituzione degli Stati Uniti, poiché escludevano le coppie gay dai benefici legali e sociali del matrimonio.

Ma la sentenza d’appello, pubblicata mercoledì scorso,  sostiene che i giudici non hanno il diritto di ridefinire il matrimonio contro la volontà della maggioranza dei cittadini che si è espressa attraverso i rappresentanti eletti nelle assemblee legislative.

Insomma il potere legislativo non spetta ai giudici. E lo dice un tribunale americano. In Italia è ancor più rigida la separazione dei poteri in tal senso, decisa dalla nostra Costituzione. Quindi le motivazioni del giudice statunitense valgono da noi, a maggior ragione.

Non solo.  Di questi tempi è quasi incredibile, ma è vero: il giudice estensore ha sottolineato che  il matrimonio è  un’istituzione sociale definita come relazione tra uomo e donna da una  tradizione pluri – millenaria,  non di secoli o decenni. Ed è stata una tradizione per millenni e millenni così ampiamente condivisa, che fino a pochissimi anni fa era rispecchiata nelle leggi di tutti i governi e delle grandi religioni del mondo.

Non è certo che i legislatori abbiano operato una trasformazione delle leggi giusta – ancorché legale. Ma non sta certamente ai giudici modificare le norme giuridiche in tal senso.

Nella stessa sentenza, come leggiamo su LifeSiteNews,  si spiega che la necessità di regolare con legge statale il matrimonio non deriva dalla esigenza di legittimare rapporti amorosi o sessuali  (che rientrano nella sfera intima privata e allo Stato non devono interessare), ma deriva da un’esigenza di superiore ordine pubblico e sociale, soprattutto e principalmente in relazione alla tutela dei figli: di essi il matrimonio si preoccupa, affinché di loro qualcuno in modo stabile si prenda cura responsabile, di fronte alla società.

Nella stragrande maggioranza gli Stati americani che ora hanno ridefinito il matrimonio, lo hanno fatto per mezzo dei giudici e non dei cittadini. E questo è contro il principio democratico della separazione dei poteri, persino in USA.

A maggior ragione qui in Italia. Per non parlar poi dei Sindaci i quali hanno solo e solamente potere amministrativo. Il Barone di Montesquieu (nella foto) non sembra molto felice...

Francesca Romana Poleggi

 

 

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