Il desiderio di maternità è vivo in tutte le donne. Anche in quelle apparentemente accecate dal femminismo più estremo. Michela Marzano è un esponente paradigmatico del radicalismo post-Sessantotto, pur appartenendo alla generazione successiva, quella che diventava adulta quando cadeva il Muro di Berlino e tutte le ideologie apparentemente sembravano destinate a un’eclissi senza ritorno. Il trentennio successivo ha seccamente smentito questa previsione: in particolare l’ideologia femminista si è intrecciata con quella omosessualista, frammentandosi in mille rivoli intellettuali, che comunque riflettono una confusione estrema presente anche nelle masse.
La Marzano, 48 anni, scrittrice, docente di filosofia alla Sorbona di Parigi, deputata durante la legislatura 2013-2018, icona radical chic italiana, è il tipico esemplare di questo femminismo fuori stagione, così colmo di contraddizioni, per cui, alla fine della fiera, tutti i nodi vengono al pettine. Sostenitrice accanita delle unioni civili, arrivò a lasciare il gruppo parlamentare del Pd, per le posizioni – a suo dire – troppo morbide e accondiscendenti con il mondo cattolico. Si è quindi espressa a favore del matrimonio egualitario, della genitorialità omosessuale e persino dell’utero in affitto, argomento che, com’è noto, ha letteralmente spaccato in due il mondo femminista. Ça va sans dire, Michela Marzano è tra coloro che appoggiano l’ideologia del gender, pur paventandone l’inesistenza…
Fino alla confessione disarmante, che non ti aspetteresti mai. In un articolo pubblicato sul Foglio, la scrittrice confida la gioia di diventare zia per la prima volta, su cui, però, si allunga l’ombra malinconica di una maternità desiderata, più volte fuggita per umana paura e, oggi, verosimilmente sfumata. «L’anima in pace per questo figlio mai nato non me la sono ancora messa», eppure, «che mi illudo a fare! A chi la racconto? Il tempo è scaduto già da parecchio. Non sono madre, non lo sarò mai», ammette malinconicamente la Marzano.
La scrittrice osserva l’anziana madre preparare il corredo per il nipotino in arrivo e avverte un nodo alla gola. «Forse è questa la cosa che mi fa più male: la certezza», scrive, «che mai nessuno mi chiamerà “mamma”; mai nessuno urlerà che non ho capito nulla o che da grande farà tutto il contrario di quello che ho fatto io; mai nessuno mi telefonerà dicendo che ha bisogno delle mie coccole e che gli manco. E quando poi sarò anziana e malata, forse pure demente, chi potrà ricordarmi chi sono stata e da dove vengo? Chi renderà testimonianza dei miei meriti o anche dei miei errori?».
Anche lei, Michela Marzano, la femminista militante tutta d’un pezzo, ha provato tante volte, nel suo cuore, la tenerezza di un desiderio di maternità mai esaudito; tuttavia, precisa, «non si è trattato di una scelta deliberata». Poi ancora un’ammissione: «Forse sono solo un’insopportabile egoista. Non è quello che da sempre rimprovero a tanti genitori? Non è per questo che ho a lungo rimandato, e ho preso tempo, e ho tergiversato fino a che, di tempo, non ce ne fosse più? Ho aspettato, terrorizzata all’idea che un giorno mio figlio potesse rinfacciarmi tutto, compreso il fatto di essere nato. Non me la sono sentita di rischiare, di scommettere, di avere fiducia in me stessa e nel futuro. […] Non sono stata capace di assumere le mie fragilità e le mie debolezze. Ho avuto paura di non essere in grado di diventare una mamma perfetta».
Questa “confessione pubblica” della Marzano, probabilmente rimarrà sotto traccia e, se letta, farà venire il mal di pancia a più di un radical chic. In altre parole, c’è da scommetterci, in quegli ambienti, si farà di tutto per non diffonderla. Ciononostante, noi di Pro Vita & Famiglia, pur nell’abissale differenza culturale e valoriale, non possiamo che apprezzare l’onestà intellettuale e l’apertura di cuore della scrittrice. Le grandi ideologie, apparentemente invincibili, iniziano a scricchiolare grazie a sassolini quasi invisibili che, a poco a poco, fanno saltare tutti gli ingranaggi della macchina. Piccole crepe da cui spunta la luce.
Luca Marcolivio