Come affermava la giornalista e saggista Maria Giovanna Maglie nel suo intervento al Congresso Mondiale delle Famiglie di Verona, l’aborto è divenuto negli ultimi tempi un vero e proprio «culto laico». Ed è proprio ciò che viene da pensare di fronte alle ultime performances di Miley Cyrus.
La cantante, che non molto tempo fa si era fatta fotografare nell’atto di mangiare una torta con su scritto “Abortion is healthcare” (“L’aborto è assistenza sanitaria”), ha recentemente realizzato un video in cui canta un brano a sostegno dell’aborto, Mother’s Daughter. Ce ne parla un articolo di Life News. Motivi ricorrenti del video sono il sangue e la sessualità sfrenata, mentre nel testo si trovano espressioni come «La verginità è una costruzione sociale», o «Ogni donna è una sommossa», o «Hallelujah, sono un mostro, sono un mostro, Hallelujah!»: insomma, ideologia femminista a tutto spiano, immagini non adatte a un pubblico di minori, dai quali la cantante è molto seguita, e, perché no, anche un pizzico di blasfemia.
Infatti, nel video è ripresa anche una donna coronata da rose d’oro mentre allatta un bimbo, con una posa facilmente riconducibile a quella classica con cui viene raffigurata la Vergine Maria che tiene in braccio il Figlio.
Il tutto sembra essere riconducibile alla continuazione di una collaborazione di Miley Cyrus con Planned Parenthood, la più grande azienda fornitrice di aborti, nota anche per il traffico dei tessuti dei bambini abortiti, per la quale la cantante avrebbe venduto all’inizio di giugno delle magliette, il cui ricavato sarebbe servito a finanziare le attività dell’azienda.
Ebbene, di fronte a tutte queste “celebrazioni” che idolatrano l’aborto, verrebbe proprio da porre agli abortisti la stessa domanda che loro normalmente pongono a noi pro life: «Ma non vedete la sofferenza delle donne che abortiscono?».
Noi la vediamo e, per questo, mostriamo loro la verità sull’aborto e su ciò che comporta, con rispetto, e offrendo a ciascuna il massimo aiuto possibile. Da parte loro, invece, solo menzogne camuffate da emancipazione.
Luca Scalise