Un volantinaggio pro life, per sensibilizzare sulla bellezza della Vita e la sua tutela e contro l’aborto, davanti all’Ospedale Le Torrette-Riuniti di Ancona. Una manifestazione pacifica, messa in atto dall’attivista Gianluca Martone, che si è però subito visto aggredito e minacciato.
«Prima mi ha attaccato la direttrice sanitaria dell'ospedale, la quale mi ha intimato di sparire immediatamente, altrimenti mi avrebbe fatto allontanare, trattamento molto simile a quello ricevuto diverse volte al Policlinico di Bari negli anni scorsi» spiega lo stesso Martone. «Dopo circa 10 minuti - prosegue il racconto del diretto interessato - è venuta una guardia della Cosmpol che, impacciato e non troppo convinto, mi ha ribadito di allontanarmi. Io ho risposto che vi era un’ordinanza della Questura di Ancona che mi permetteva di svolgere regolarmente la mia attività contro l’aborto».
Durante il suo volantinaggio con decine di volantini pro life è intervenuto un agente di Polizia, il quale «mi ha minacciato in modo violento intimandomi di andare via». I filmati registrati dallo stesso Martone dimostrano quanto accaduto e gli serviranno nelle sedi competenti. «Dopo le gravissime minacce subite - spiega - mi sono allontanato, ma non mi sono arreso, tanto che ho richiamato l'ufficio del Gabinetto della Questura di Ancona e in lacrime sono ritornato a pregare, anche perché mi è stato detto di non muovermi di lì, in quanto avevo il permesso di pregare e volantinare».
Disavventura non finita per Martone. Successivamente, infatti, sono arrivate due signore della direzione amministrativa e poi nuovamente l'agente di polizia, «che hanno ricominciato a fare pressione inaudita su di me per allontanarmi ad ogni costo da li'. Io ho richiamato per l'ennesima volta l'ufficio del Gabinetto della Questura di Ancona, facendo parlare questo agente con la responsabile dell'Ufficio. Lui ha cominciato ad urlare con il suo collega dicendo: “chi c***o è questo che può rimanere qui a pregare? Mai in dieci anni nessuno ha avuto il permesso di pregare qui!”». Un parapiglia, dunque, che è proseguito coinvolgere anche alcuni agenti della Digos che, come racconta sempre Martone, lo hanno difeso sostenendo che lui potesse rimanere lì.
«Alla fine - aggiunge - si sono avvicinati due agenti e mi hanno detto di spostarmi perché la situazione si era fatta “nera”. Dopo circa tre ore, quindi, mi hanno fatto mettere fuori dalla zona ospedaliera. Hanno avuto la meglio loro nonostante un regolare permesso della Questura».