Nell’ambito della settimana nazionale contro la violenza e la discriminazione (dal 24 al 30 novembre), iniziativa promossa dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dal Dipartimento per le Pari Opportunità, viene lanciata l’ennesima iniziativa di promozione di progetti che mirano a diffondere la cultura gender nelle nostre scuole.
Subdolamente il concetto viene fatto passare assieme alla lotta al cosiddetto femminicidio, propugnando la necessità di “sensibilizzare, informare, formare gli studenti a prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere anche attraverso un’adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo“.
Ovviamente, letto in modo superficiale ma soprattutto ignorando quello che si intende per “lotta alla discriminazione di genere”, potrebbe sembrare un principio innocuo.
Purtroppo invece sappiamo quello che è entrato nelle scuole grazie a questo cavallo di Troia: normalizzazione dell’omogenitorialità, equiparazione della famiglia tradizionale alle coppie LGBT, fiabe gay, giochi di ruolo in cui si insegna ai maschietti a truccarsi, letture pornografiche gay come il caso del Liceo Giulio Cesare di Roma, lezioni di sesso anale da parte dell’Arcigay a scuola e, più in generale, una sessualizzazione di massa molto precoce.
Il Ministero dell’Istruzione invece ha deciso di promuovere con finanziamenti pubblici progetti che in tal senso si muovono, chiedendo a tutti gli istituti scolastici di presentare i propri programmi di indottrinamento al fine di poter esser foraggiati dal Ministro stesso. Proposta, questa, indirizzata alle “istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado”, quindi dalle scuole d’infanzia in su.
Quest’ennesima mossa dimostra l’intenzione da parte del Governo di continuare la promozione dell’ideologia gender attraverso vie meno controllabili e non presentate da subito come progetti curricolari.
Sarebbe interessante sapere quante e quali scuole chiederanno sovvenzioni per promuovere le ormai solite lezioni di indottrinamento gender e quante, invece, risponderanno, per esempio, con la fattura del materiale didattico o della carta igienica alla cui spesa non riescono a far fronte.
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