Si è consumato lo scorso 26 novembre, a Roma, il vile attacco alla sede di Pro Vita & Famiglia, vandalizzata e imbrattata con vernice rossa e affissioni inneggianti all’aborto libero. Un attacco che Maria Rachele Ruiu, membro del direttivo di Pro Vita & Famiglia, insieme a tutta la Onlus, ha denunciato come violento e anti-democratico. A proposito di libertà di espressione ne abbiamo parlato con la giornalista Costanza Miriano.
Ascolta "Miriano: «Femministe cercano a tutti i costi un nemico, ma non è questo il modo di dialogare»" su Spreaker.Cosa ne pensa dell’attacco del collettivo femminista?
«Che le femministe si sentirebbero attaccate nei loro diritti, mentre noi pro life vogliamo non accusarle, ma aiutarle a comprendere. Non capisco perché si difendono come se fossero attaccate. Qualche sera fa ho ascoltato la testimonianza di due madri che hanno perso un figlio e che hanno testimoniato che il dolore è stato così forte da far desiderare loro la morte. Per cui io penso che sia un’esperienza viscerale che va al di là del fatto di essere credenti o meno».
Perché allora questi episodi di violenza?
Perché, evidentemente, si ha bisogno di avere un nemico. I motivi possono essere tanti. Io ho conosciuto donne che hanno abortito: o rimangono nel dolore oppure odiano i pro life per negare la realtà e cioè che un figlio vale almeno quanto la stessa vita della madre. Credo, inoltre, che la cultura in cui siamo immersi ci faccia un vero e proprio lavaggio del cervello in questo senso».
Questo gesto ha un sapore “squadrista”? Che ne pensi?
«Penso che non sia il modo giusto per dialogare, sarebbe come litigare con uno che parla in un’altra lingua. Le donne che difendono l’aborto parlano di diritto, quelle che parlano della maternità parlano dei figli come un regalo. Penso che dovremmo rompere questa catena delle accuse: prendere una femminista per una e portarla da chi ha perso il proprio figlio, togliendo tutte le posizioni ideologiche. Io ad esempio ho capito la portata dell’aborto da quando ho fatto esperienza della maternità. Bisogna annullare le posizioni ideologiche e mettere le persone di fronte all’ esperienza».