Alfie Evans deve morire a Liverpool, nell’ospedale.
Il bambino di cui certamente sapete la triste storia, cari Lettori (cliccate qui, se non la conoscete) non può andare a Roma, al Bambin Gesù, a vedere se c’è qualche speranza di essere curato o almeno di capire che male abbia: perché l’esatta natura della malattia ancora non è stata capita.
Il Sig. Knafler (l’avvocato degli Evans) aveva chiesto solo un altro po’ di tempo, all’estero, per capire e sperare: questa è la scelta che adotterebbero milioni di genitori in tutto il mondo.
Potrebbe morire nel frattempo, Alfie. Lo sanno: sarebbe una morte nobile ed eroica, quella di un combattente, rispetto a una morte organizzata e procurata in un ospedale.
Uno dei giudici ha obiettato che invece il bambino potrebbe essere danneggiato dall’intervento necessario per il trasporto: se morisse nel tentativo sarebbe “una morte indegna e non pianificata“.
E così, oggi, la Corte ha deciso: niente Appello.
Ecco: si capisce qual è la differenza tra la prospettiva dei genitori e quella dei giudici di Sua Maestà.
Ma la morte deve essere “controllata”, pianificata, organizzata e quindi procurata per essere dignitosa?
Redazione
per un’informazione veritiera sulle conseguenze fisiche e psichiche dell’ aborto