Tra le associazioni che operano in difesa della famiglia e dell’educazione sana e rispettosa dei bambini, anche il Comitato “ Nel Nome dell’Infanzia ” organizza incontri di formazione e di informazione per aiutare genitori ed educatori a tutelarsi dalla diffusione dell’ideologia gender.
Le radici dell’ideologia gender affondano nel femminismo radicale e nell’edonismo sessantottino.
Alfred Kinsey e John Money possono annoverarsi tra i padri fondatori dell’ideologia gender e dell’omosessualismo.
Lo scorso aprile si è svolto a Padova il secondo incontro proposto dal Comitato Nel Nome dell’Infanzia , avente ad oggetto i nuovi corsi scolastici di educazione all’affettività e alla sessualità promossi dalla scuola pubblica italiana, i quali di fatto minano la famiglia e violano l’intimità e l’equilibrio psico-fisico dei fanciulli e dei giovani, attraverso una pansessualizzazione ed erotizzazione della persona sin dalla più tenera età.
Il Comitato è nato per informare le famiglie, gli educatori e chiunque si trovi ormai a dover fare i conti con l’invadente propaganda omosessualista e con la famigerata ideologia del gender. Il rapido balzo innanzi di normative distorte che, a partire dagli organismi internazionali, passando per l’Europa, coinvolgono a cascata anche il nostro sistema educativo nazionale, minaccia infatti gravemente la famiglia. Con il pretesto della lotta al bullismo e alle discriminazioni, e attraverso il fittizio concetto di “genere”, contrapposto al sesso biologico, il vero obiettivo di questi programmi è quello distruggere, bollandolo come un mero stereotipo, il concetto di famiglia naturale formata da un uomo e da una donna, sostituendolo con multiple e mendaci nozioni di “famiglia”, quale l’unione tra persone dello stesso sesso, e di presentare come normali i rapporti omosessuali. I relatori hanno ripercorso i presupposti culturali e filosofici sottesi alle teorie del gender e alle impostazioni omosessualiste, illustrandone le ricadute concrete, allo scopo di offrire anche alcuni spunti per tutelare la libertà di educazione dei figli. Tra i recenti filoni di pensiero cui si àncora l’ideologia del gender si evidenzia da un lato il femminismo con la liberazione della donna dalla maternità vista come un peso e una limitazione; dall’altro la rivoluzione sessantottina con il suo tema del piacere separato dal sorgere di una nuova vita. Nella medesima direzione vi è stata la normalizzazione dell’omosessualità, iniziata già negli anni Cinquanta con i rapporti dell’entomologo americano Alfred C. Kinsey, e successivamente derubricata nel manuale diagnostico (DSM) dall’APA (l’Associazione degli Psichiatri Americani), su pressanti sollecitazioni delle associazioni gay, da malattia a disturbo per poi diventare un normale orientamento sessuale naturale; ci si è poi soffermati sulla figura del medico neozelandese John Money (1921-2006), paladino della teoria del gender, e la tragica vicenda di Bruce Reimer, un bambino canadese il quale fu sessualmente “trasformato” dal dottor Money e cresciuto come una femmina, finendo vittima di disturbi psicologi e morendo suicida nel 2004. Le teorie false e pericolose del dottor Money si alimentavano all’ideologia del gender, secondo la quale ognuno può assumere ed eventualmente variare il genere cui si sente di appartenere: maschio, femmina, gay, lesbica, transessuale, neutro, queer e così via.
Si è poi evidenziato l’uso di alcune parole e locuzioni chiave, normalmente associate a questi programmi e corsi di ri-educazione sessuale, che devono suonare come un campanello di allarme: “destrutturazione degli stereotipi”, “accettazione delle diversità”, “lotta alle discriminazioni”, “educazione all’affettività”, tutte presenti nei famigerati opuscoli dal titolo “Educare alla diversità” predisposti su incarico dell’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), e destinati alla formazione degli insegnanti.
Maria Assunta Opportuno