«No a vaccini con cellule provenienti da feti abortiti» perché ingiustificabili sul piano morale. È questo il cuore di un appello corale di 100 donne tra medici, religiosi, politici e attivisti pro life di tutto il mondo, in cui figurano tra le firmatarie non solo la nota attivista prolife americana Abby Johnson, ma anche Wanda Poltawska.
Morta il 24 ottobre scorso, Wanda Poltawska è stata un medico in prima linea per la tutela del diritto alla vita. Amica fraterna di San Giovanni Paolo II, Wojtyla chiese preghiere a padre Pio per la sua guarigione quando si ammalò di tumore. Grazie all’intercessione del santo cappuccino fu miracolata. Psichiatra nella Polonia comunista, viene internata nel lager di Ravensbrück per la sua opposizione al regime nazista e utilizzata quale cavia per esperimenti medici. Sopravvissuta, diventa mamma di quattro figli e docente all'Università di Lublino. Ha insegnato dal 1981 al 1984 anche presso il Pontificio Istituto, oggi intitolato a Giovanni Paolo II, per Studi su Matrimonio e Famiglia. Con il pontefice santo intrattenne una corrispondenza epistolare molto intensa durata oltre 50 anni e confluita nel volume Diario di un'amicizia. La famiglia Póltawski e Karol Wojtyla (San Paolo, 2010).
Nel manifesto sopra richiamato risalente all’8 marzo 2021 la bioeticista polacca assume, relativamente ai vaccini che utilizzino linee cellulari provenienti da feti abortiti, una posizione supportata da argomentazioni scientifiche ancora di grande attualità e tornate prepotentemente in auge coi recenti vaccini antiCovid.
«La generale acquiescenza ai vaccini contaminati dall’aborto, in particolare da parte dei cristiani, ha solo contribuito alla cultura della morte». Lo affermano Poltawska e le altre firmatarie senza mezzi termini. «Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata», gridava Giovanni Paolo II. Gli fanno eco le sottoscrittrici affermando con forza: «Non possiamo starcene sedute», mentre l’uso di feti umani abortiti viene «gradualmente normalizzato», tramite una barbara pratica di sperimentazione che definiscono quale «malefica propaggine dell’aborto». D’altra parte, «il male di usare linee di cellule fetali abortite coinvolge non solo l’omicidio originale, ma la continua commercializzazione del corpo del bambino, così come il rifiuto finale di seppellire i suoi resti profanati».
Anche i recenti vaccini antiCovid «utilizzano linee cellulari di feti abortiti, sia direttamente durante il processo di produzione che indirettamente attraverso i test», osservano le firmatarie del manifesto. D’altra parte «l’uso di tessuto fetale abortito nello sviluppo di interventi medici alimenta e alimenterà sempre la ricerca di nuovo tessuto fetale abortito. Le linee cellulari fetali semplicemente non durano all’infinito e i produttori di vaccini hanno un forte incentivo a creare nuove linee per abbinare quelle vecchie, scegliendo di sperimentare con bambini abortiti dello stesso sesso e più o meno della stessa età».
Come ha evidenziato il teologo morale domenicano Leon Pereira su La Nuova Bussola Quotidiana «i vaccini AstraZeneca, Johnson & Johnson e Sputnik V sono stati prodotti utilizzando linee cellulari fetali. Il CDC (Centers for Disease Control and Prevention), l’agenzia di sanità pubblica degli Stati Uniti, pubblica online un elenco di “eccipienti” dei vaccini (cioè cosa contengono) e i detriti cellulari fetali sono apertamente elencati per un certo numero di vaccini. Inoltre, precisa lo stesso bioeticista, «la produzione include la modifica della proteina Spike, la codifica sequenziale dei frammenti di RNA messaggero, l’espressione di pseudovirus e la neutralizzazione. Tutti questi passaggi hanno utilizzato cellule fetali abortite. L’eventuale produzione del vaccino stesso comporta la replicazione della sequenza di RNA messaggero e il suo incapsulamento in determinati lipidi. Il passaggio finale, è vero, non utilizza linee cellulari fetali. Ma ogni passo fino a quest’ultimo punto lo ha fatto! Dopotutto, sperimentare i vaccini è una procedura standard. L’obiezione morale è dunque all’uso (sistematico) dei corpi e dei tessuti di persone innocenti che sono state uccise».
Ecco perché, concludono profeticamente la Poltawska e le altre firmatarie, «non collaboreremo a questo immenso culto infanticida. Non vogliano essere complici del moderno Massacro dei Santi Innocenti».