… Il vero problema è come questa mostruosità possa, anziché venire rigettata come un’allucinazione, essere assorbita quasi passivamente da una società narcotizzata che ha perso i naturali criteri di giudizio… l’impossessamento dell’innocenza e della libertà dei bambini, la pretesa di oltraggiare l’infanzia, è l’ultimo approdo di una degenerazione collettiva
«Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare» (Marco: 9,42)
I programmi educativi approntati in seno a quegli organismi internazionali (OMS e affini) nati per combattere la vita e la famiglia in nome del benessere, della salute, della solidarietà, dell’equità, della autodeterminazione, del rispetto delle diversità, prevedono:
– per il bambino da 0 a 4 anni, l’apprendimento “del godimento e del piacere: la masturbazione della prima infanzia …. la scoperta del corpo e dei genitali”, l’esplorazione del proprio corpo e di quello altrui;
– per il fanciullo di 4-6 anni, la “condivisione dei suoi problemi sessuali”, nella certezza che “qualsiasi sentimento è ok”, la spiegazione della bellezza delle relazioni omosessuali e il consolidamento della propria identità di genere, in vista del conseguimento di una “favorevole disposizione verso l’uguaglianza di genere nei rapporti interpersonali e nella scelta del partner”;
– per il bimbo dai 6 ai 9 anni, l’acquisizione della consapevolezza dei “diritti sessuali dei bambini e delle bambine”, tale da consentire di decidere “in modo responsabile se avere o non avere esperienze sessuali”, con tutto il corredo di informazioni e competenze necessarie per districarsi tra le “differenti tipologie di contraccettivi” e per comprendere il loro uso;
– per l’adolescente dai 9 a 15 anni, l’acquisizione degli strumenti utili per gestire gravidanze impreviste o indesiderate, familiarizzare col diritto all’aborto, fare “coming out” dichiarando la propria opzione sessuale, avere la possibilità di ricorrere a tecniche di fecondazione artificiale e, quando necessario, alla maternità surrogata; per capire che esiste il “sesso commerciale (prostituzione, anche in cambio di piccoli regali, e pornografia)” e che la religione va considerata in modo critico perché può influenzare le scelte in ambito sessuale.
L’intenzione manifestata apertamente in questi documenti programmatici sovranazionali, elaborati al fine di essere recepiti negli ordinamenti interni, è quella di sollevare i genitori – che sarebbero per definizione sprovvisti di adeguati strumenti tecnici – dal compito di accompagnare i propri figli nella crescita. L’educazione viene trasferita di autorità allo stato, che la esercita per mezzo dei suoi esperti, secondo i famigerati modelli di ben noti regimi totalitari.
Ora, in condizioni normali, sarebbe legittimo chiedersi se tutto ciò non sia frutto di un delirio paranoide e maniacale. Invece, i tempi sono tali che il programma è stato commentato persino con un malcelato compiacimento dal più diffuso quotidiano “cattolico” italiano.
Il che spiega la apparente inerzia delle persone che, da un’informazione fuorviante, sono deprivate di quella che sarebbe una normale capacità di reazione a una conclamata mostruosità.
Il vero problema è come questa mostruosità possa, anziché venire rigettata come un’allucinazione, essere assorbita quasi passivamente da una società narcotizzata che ha perso i naturali criteri di giudizio. Proviamo ad analizzare le cause del fenomeno.
L’uomo-misura di tutte le cose, quello che si dà le proprie leggi senza un parametro superiore, approda inevitabilmente al proprio suicidio. Come la barca, che perde il timoniere o gli strumenti di bordo, e non vede più le stelle sopra di sè a darle l’orientamento.
Molto di quello che accade oggi è già accaduto nelle antiche città bibliche, nella dissoluzione della società romana, negli orrori rivoluzionari e di ogni regime sanguinario.
Di orrori, l’uomo è sempre stato capace. Ma, fin quando ha avuto un dio o comunque un’etica superiore a cui rispondere, ha sentito le proprie nefandezze come trasgressione, come peccato: e il peccato riconosce la legge che lo precede, che a sua volta non è cancellata dal perdono.
La degenerazione – che è la somma di tante degenerazioni – della società attuale, ha un aspetto nuovo rispetto al passato: il peccato non è più perdonato da un Dio misericordioso, che allevia così il peso della colpa senza per questo cancellare la legge che lo precede; il peccato, ora, è cancellato perché è cancellata la legge, sostituita dalla volontà legittimatrice dell’uomo.
L’approdo ultimo di questa corsa verso il baratro è il desiderio – autentica libidine – di appropriarsi dell’infanzia, per distruggerne l’innocenza.
Questa innocenza è la dote con cui ognuno viene al mondo.
Il bambino coglie d’istinto ciò che appartiene all’anima, quindi alla parte spirituale dell’uomo, perchè è vicino all’origine delle cose; egli si sente dipendente, e per natura riconosce una legge superiore. La sua innocenza, infatti, si manifesta anche nel senso del pudore – il pudore del corpo e quello dei sentimenti – così come nel senso del sacro, nella percezione del mistero. Tutto questo entrerà prima o poi in conflitto, in lui, con le pulsioni naturali della crescita. E qui entra in gioco l’educazione, che ha il compito di comporre il dissidio in un superamento armonico, in vista di una maturazione complessiva dell’individuo.
Da sempre, la funzione dell’adulto è stata quella di mettere la propria sapienza, che è conoscenza di sè e della vita, al servizio di chi quella vita deve ancora imparare. E-ducere significa “tirare fuori” ciò che di buono è connaturato, insegnando a controllare l’istinto; trarre a maturazione quel seme naturale che è racchiuso in ciascuno, e portarlo ad una forma compiuta.
Nel nostro tempo, questo rapporto atavico tra il bambino e chi ha la responsabilità di accompagnarlo nella vita è stato già, a poco a poco, capovolto: o perché l’adulto non riesce a immedesimarsi in una sensibilità di cui ha perduto il ricordo, o perché guarda ad essa in modo distratto e narcisistico, comunque incapace di custodire il mondo sacro dell’infanzia, o perchè, magari, intende per “educazione” la proiezione di una nostalgia che comunque gli fa osservare il bambino come un oggetto, come lo specchio dei propri desideri, delle proprie curiosità, dei propri rimpianti, delle proprie ambiguità.
Ma ora, improvvisamente, si va oltre tutto questo: l’adulto onnipotente allunga le sue mani sul bambino per appropriarsene come un giocattolo da manipolare a piacimento, e magari da distruggere e buttare via. Il fenomeno, isolato, come espressione di un delitto possibile, è raccontato dalle favole di sempre, che mettono in guardia il piccolo dalle insidie dell’uomo nero. L’uomo nero, adesso, è un mostro diffuso e indossa le vesti borghesi dell’accademico, del burocrate, del politico, dello scienziato, del filosofo impegnato, del moralista di avanguardia, e persino del prete “aggiornato”.
Costoro, tutti insieme – agghiacciante paradosso – si presentano nelle vesti di esperti benefattori, sensibili alle presunte esigenze delle vittime, disvelate attraverso l’occhio penetrante e infallibile della psicologia militante.
Il rapporto, comunque, è definitivamente quello tra un soggetto e un oggetto: è la prevaricazione dell’uomo sull’uomo, dell’uomo più forte nei confronti del suo simile più debole e privo di difese.
Come si diceva, le perversioni di oggi esigono anche un crisma di rispettabilità. Non ammettono di essere catalogate nel libro della patologia o del peccato. Esigono di essere accolte, di entrare nell’uso comune, vogliono dispiegarsi nel vivere comune senza interferenze e senza polemiche. Per questo presentano delle credenziali, soprattutto spendono buone referenze, per eliminare l’ostacolo del senso comune, le difese naturali della società che spontaneamente individua i germi distruttori annidati nel suo tessuto ed è abituata ad espungerli.
Due le strade da percorrere: la legittimazione giuridica e la legittimazione morale.
La prima viene concessa agevolmente attraverso l’autorità usurpata dalle famigerate organizzazioni internazionali impinguate dai potentati economici, dove la pochezza dei singoli è mascherata dall’ipertrofia dell’apparato. E attraverso la contraffazione della parola “diritto”, che serve a coprire lo strapotere della libertà individuale e ogni suo possibile arbitrio.
In tutto questo, in un mondo che ha il vezzo di presentarsi comunque come il tempio dei “diritti dell’uomo”, manca però ancora l’afflato etico. Non basta la consacrazione pretesamente giuridica di scelte aberranti, si vuole che queste, oltre che legittime, siano considerate anche buone: il traviamento precoce del bambino deve avvenire – in modo inedito – per andare incontro alle sue esigenze psicofisiche!
In una parola, tutto è giustificato spudoratamente dall’amore. E qui c’è l’appropriazione di un principio cattolico – che ora torna utile a tutti, credenti e no – piegato come un ferro caldo per ogni uso. Questo è reso possibile dal fatto che è stato lo stesso cattolicesimo ad avere perso per strada la propria direttrice fondamentale. Perché anche per la chiesa nuova, aggiornata, e in felice corteggiamento del mondo (da cui è oculatamente ricambiata), in principio non è il Verbo, ma l’Amore. E l’amore che non discende dal verbo, dalla ragione superiore di Dio, può essere soltanto l’ombra di oscuri desideri o la speranza di vili guadagni. Può essere il rifugio ultimo della fuga dalla responsabilità e della fuga dalla verità.
Dicevamo che l’impossessamento dell’innocenza e della libertà dei bambini, la pretesa di oltraggiare l’infanzia, è l’ultimo approdo di una degenerazione collettiva. Di un corrompimento che è venuto da lontano e ha corroso prima lentamente, ora con inaudita voracità, le fondamenta fragili della società, già fiaccata da un pensiero malato e autodistruttivo.
A chi non vuole portare aiuto a questo immane sfacelo non rimane che raccogliere le proprie forze e spendersi senza parsimonia per risvegliare, nella marea che avanza e che tutto sembra inghiottire, almeno almeno lo spirito di autoconservazione.