I ginecologi uruguaiani hanno vinto la battaglia legale contro il governo per il diritto all`obiezione di coscienza e l`astensione dalla pratica dell`aborto.
La Corte sulle Dispute Amministrative dell’Uruguay si è pronunciata a favore di un ricorso presentato da un gruppo di 100 ginecologi contro 11 dei 42 articoli che fanno parte del decreto che disciplina la legge sull’aborto.
L`Uruguay è stato un pioniere in America Latina nella legalizzazione della pratica dell’aborto. Nel 2012, l’ex Presidente socialista José Mujica ha adottato una legislazione che permette l’aborto libero fino alla dodicesima settimana di gravidanza. Nel caso la gravidanza si sia verificata a seguito di stupro, la donna potrà abortire fino alla quattordicesima settimana, mentre non c`è alcun limite di tempo quando la madre è in pericolo di vita.
Secondo il decreto 375/012 che regola la legge sull’aborto, i medici potevano esercitare l`obiezione di coscienza e rifiutare di realizzare l`aborto. Tuttavia, erano costretti a partecipare alle fasi di pre- e post- aborto e all`assistenza delle donne. Dunque, i ginecologi dovevano ricevere la donna in consulto, eventualmente mandarla da un altro specialista, e intanto partecipare al team interdisciplinare che valuta il caso particolare di ogni donna. Infine, erano tenuti a firmare un modulo di consenso informato sull’aborto per il paziente. Per i medici, il documento limitava “illegittimamente il diritto all`obiezione di coscienza del personale sanitario”.
Il 17 luglio 2013, un gruppo di 100 ginecologi ha così presentato un ricorso alla Corte per il Contenzioso Amministrativo in cui hanno sostenuto che il decreto sull’aborto limita il diritto all`obiezione di coscienza degli operatori sanitari e viola la legge numero 18997 e l`articolo 54 della Costituzione. Il dottor Gianni Gutiérrez, l`avvocato degli obiettori che hanno presentato il ricorso, ha detto che “i professionisti capiscono che il decreto limita l`obiezione di coscienza che è stata garantita dalla legge” e che il decreto “è un’intromissione nel rapporto medico-paziente, limitando le informazioni che il medico può dare al paziente che inizia il processo d`interruzione della gravidanza”.
La Corte, attraverso la sentenza 586/2015, si è pronunciata a favore del diritto all`obiezione di coscienza e a favore dei ginecologi, e ha annullato 7 degli 11 articoli che erano stati contestati dai medici. Carlos Polo, direttore dell`Ufficio per l`America Latina della Population Research Institute, ha detto che questa decisione “è un primo passo per combattere l`uccisione legale dei bambini non nati in Uruguay”. “Alla fine, non sono i politici che devono tagliare a pezzi un bambino sano. L`aborto legale obbliga il medico a uccidere, nonostante la sua vocazione sia quella di salvare vite umane”, ha aggiunto Polo.
A seguito di questa decisione, i medici non saranno più obbligati a partecipare ad alcuna delle fasi che fanno parte dell`interruzione della gravidanza.
La Società Uruguaiana di Medicina familiare comunitaria si però lamentata della decisione della Corte e ha dichiarato che i medici di famiglia dovrebbero partecipare ai diversi processi di aborto in modo da “compensare” la sentenza.
Auxi Rodríguez
DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DALLA LEGGE CIRINNA’