12/11/2015

Obiezione di coscienza sempre più sotto attacco

L’obiezione di coscienza in materia di aborto è sempre più nel mirino.

Al pensiero mainstream proprio non va giù che dei medici scelgano di rispettare la loro professione, rifiutandosi dunque di uccidere qualcuno, fosse anche consentito da una legge dello Stato.

Il Fatto quotidiano riporta l’attacco che i consiglieri regionali del Pd hanno sferrato alla Lombardia, la cui politica, non permettendo un facile accesso alla pillola abortiva Ru486, ostacola – secondo loro – l’applicazione della 194.

A detta del Pd lombardo, “solo il 4,5% dei 15.912 aborti del 2014 è avvenuto utilizzando la pillola RU486, una percentuale che pone la Lombardia al 15esimo posto tra le regioni italiane. Mentre più di due ginecologi su tre operanti nelle strutture pubbliche della regione non esegue interruzioni volontarie di gravidanza in quanto obiettore di coscienza“.

Secondo la vicepresidente del Consiglio regionale Sara Valmaggi (Pd), lo scarso uso della Ru486 è dovuto sia al fatto che in Lombardia “si applica in maniera ferrea l’indicazione nazionale dei tre giorni di ricovero, quando l’interruzione di gravidanza con intervento chirurgico è eseguita in day hospital”, sia a causa di lentezze burocratiche: “passa troppo tempo tra la certificazione che consente di ricorrere all’interruzione di gravidanza e la sua effettiva esecuzione. Così spesso scade il termine temporale di 49 giorni dall’inizio della gravidanza entro i quali è possibile fare ricorso al metodo farmacologico”. Bisogna che le donne abortiscano subito, senza troppi controlli. E soprattutto senza pensarci troppo, altrimenti potrebbero rischiare di cambiare idea... RU486_obiezione di coscienza

Poi c’è il “problema” obiettori. L’obiezione di coscienza è vista come un odioso ostacolo che impedisce l’autodeterminazione della donna.

Il Pd è preoccupato (ma dalla relazione ministeriale si vede bene che i non obiettori non sono affatto oberati di lavoro!) perché, stando ai dati raccolti negli ospedali della regione, “i ginecologi che nel 2014 si sono rifiutati di eseguire interruzioni di gravidanza sono il 69,4%, un dato in salita rispetto al 63,6% riportato nella relazione ministeriale per il 2013”. Inoltre vi sono casi in cui l’intero presidio regionale è fatto di obiettori o quasi. Il tutto ha “inevitabili ricadute sulle casse pubbliche, visto che laddove il personale di ruolo non è in grado di garantire le interruzioni di gravidanza richieste si deve ricorrere ai medici a contratto, i cosiddetti ‘gettonisti’. Per una spesa che nel 2014 è stata in Lombardia di 255mila euro”. Ma alle casse pubbliche non costano molto di più l’aborto e la fecondazione artificiale? Se si vuole davvero risparmiare, perché non pagano i diretti interessati? Non si tratta mica di prestazioni essenziali! E perché il contribuente pro-life deve pagare le tasse per consentire l’omicidio?

Insomma, per il Pd e per tutti quelli che si dicono “pro-choice”, va bene la libertà, ma, quando si tratta di obiezione di coscienza sull’aborto, glissano e negano ogni dialogo. Va tollerata, sì, ma non troppo. Prima viene il “diritto” (inesistente persino nella nostra legislazione) a sbarazzarsi del proprio figlio uccidendolo. Tanto basta ingerire una pillola...

Redazione

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