“L’allarme omofobia” ha portata planetaria: anche in Australia si sta elaborando un programma “Scuole sicure”, con la regia delle solite associazioni LGBT, per combattere il bullismo omofobico. Il dottor David van Gend Toowoomba (nella foto, insieme alla sua famiglia), sul sito Mercatornet.com scrive una bella lettera al Governo australiano, che mutatis mutandis andrebbe benissimo pure al nostro.
Tra le diverse ricerche scientifiche sul tema, quella di più grandi dimensioni , nel Regno Unito, pubblicata dal British Journal of Psychiatry nel 2003, ha rilevato che il bullismo, nelle scuole e dopo la scuola, è un fenomeno che non è collegato all’omofobia: il bullo bulleggia chiunque, a prescindere dall’orientamento sessuale.Un analoga indagine condotta in Australia nelle scorse settimane conduce alle stesse conclusioni.
Forse gay e lesbiche soffrono un maggior disagio psicologico, in caso di stigmatizzazione sociale, ma in realtà essi sono psicologicamente molto più vulnerabili degli eterosessuali, a prescindere. Tant’è vero che sono statisticamente più propensi agli abusi di alcool e droghe e al suicidio rispetto agli eterosessuali. E questi dati sono confermati anche nei paesi che hanno da tempo legalizzato matrimoni, adozioni gay e che hanno “superato” il “problema omofobia”, come il Canada o il Nord Europa.
Quindi – per dirla un modo un po’ brutale – se gli omosessuali hanno problemi esistenziali, non è colpa dell’omofobia, ma è una conseguenza della loro scelta di vita contro natura. Questa affermazione che da molti sarà considerata omofobica (ma è chiara), non vuole in realtà essere un giudizio di condanna o di colpevolizzazione: anzi è la denuncia di una sofferenza profonda e lacerante che porta alcuni a “sentirsi” diversi, a tuffarsi in comportamenti sessuali sregolati (non solo omosessuali), a scegliere stili di vita disordinati.
Una volta “dentro” questo vortice il disagio invece di diminuire aumenta. L’American College dei Pediatri, osserva che la promozione dell’omosessualità nelle scuole, la “normalizzazione” degli impulsi omosessuali delle persone suddette, non giova agli stessi: perché nella maggior parte dei casi essi devono risolvere dei problemi e guarire delle ferite molto più profonde. Insomma è vero, in questo senso, che non devono “guarire” dall’omosessualità: il male sta alla radice. E’ inoltre molto pericoloso per la salute psichica dei ragazzi agire con quest’opera di “normalizzazione” quando questi sono ancora adolescenti, cioè nel momento più delicato relativo alla crescita e alla identificazione sessuale. Si rischia di creare le incertezze e i disagi – anche gravi – che in teoria l’opera “educativa” vorrebbe evitare.
Francesca Romana Poleggi
Fonte: LifeSiteNews