Quando si parla di omofobia i guardiani della “verità” LGBT puntano sempre il dito contro la Russia. È infatti la Russia di Vladimir Putin ad essere indicata come il centro mondiale di tutte le discriminazioni contro la comunità gay.
Non l’Arabia Saudita (alleata di ferro degli Stati Uniti). Non la totalità degli altri Paesi islamici, dove gli omosessuali vengono pure ammazzati. Ma la Russia. Dove negli ultimi anni c’è una rinascita spirituale e dove si stanno prendendo sempre più misure a difesa della vita e della famiglia.
Eppure, a ben guardare, Mosca non ha una legislazione classificabile propriamente come omofoba.
Su l’Opinione Pubblica abbiamo letto un articolo interessante che spiega cosa davvero preveda la legge russa in materia di omosessualità.
Innanzitutto bisogna precisare e ricordare che a Mosca esistono club, locali e discoteche gay, esattamente come da noi in Occidente. Può piacere o meno, ma questa è la realtà. Se poi si pensa, come si nota nell’articolo, che fino al 2003 l’Oklahoma puniva i rapporti omoerotici fino a 10 anni di carcere, mentre in Russia questo reato è stato abrogato nel 1993, allora certi schemi mentali forse andrebbero rivisti. Dove sta dunque l’omofobia? E cosa deve intendersi con questo termine?
Certamente ha fatto molto discutere (in Occidente) la legge contro la propaganda omosessuale approvata nel giugno 2013. Tuttavia le polemiche sono state e sono tutt’ora dettate più da pregiudizio ideologico e ostilità preconcetta verso Putin che non da ragioni solide e di merito.
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La norma è una modifica dell’art. 6 del Codice Federale sugli illeciti amministrativi, nel contesto della Legge Federale russa sulla protezione dei minori. Si è trattato di aggiungere un comma, il numero 21, per prevedere sanzioni amministrative, quindi pecuniarie (non vi sono pene detentive, a meno che ovviamente non si siano commessi reati penalmente punibili).
Le sanzioni non colpiscono o penalizzano l’orientamento sessuale dell’individuo, ma sono appunto pensate per arginare quella propaganda «di relazioni sessuali non tradizionali tra i minori, che si esprima nella diffusione dell’informazione diretta a formare orientamenti sessuali non tradizionali nei minorenni, nel richiamo a relazioni sessuali non tradizionali, nella rappresentazione distorta circa l’equivalenza sociale tra relazioni sessuali tradizionali e non tradizionali, o l’imposizione di informazioni sulle relazioni sessuali non tradizionali, che richiami interesse a questi rapporti». Certo, sentir parlare di “orientamenti sessuali non tradizionali” a qualcuno può far storcere il naso. In Russia però non è così, e infatti la gente ha condiviso queste modifiche.
In pratica, se un gay sponsorizza la propria condotta omosessuale viene multato (di qui il divieto dei Gay Pride). Ma questo in linea di principio vale anche per un etero che dovesse sbandierare, ad esempio, i suoi gusti sadomasochisti.
Il tutto, non dimentichiamolo, per tutelare i minori, per garantire loro una formazione il più possibile sana.
La Russia ha tanti problemi e contraddizioni (permette ad esempio l’utero in affitto) e non è questa la sede per esprimere un giudizio politico su Putin. Comunque la si pensi, però, non si può certo dire che la legge in questione sia l’espressione massima di omofobia. Sembra piuttosto orientata da un sano buon senso in versione russa.
Redazione