Non avrei proprio voluto parlare di legge contro l’omofobia. Ma c’è chi approfitta delle tragedie per fare propaganda e allora non si può tacere.
Dopo la strage di Orlando, in Florida, dove lo scorso sabato notte l’estremista islamico Omar Mateen, 29 anni e cittadino statunitense di origine afghana, ha ucciso cinquanta persone che stavano ballando in una discoteca gay, avrei voluto fare silenzio e pregare per quelle povere anime.
Mi sarei aspettato di sentire una dura condanna del fondamentalismo islamico. L’assassino infatti ha giurato fedeltà all’Isis (ed era tenuto “sotto controllo” dalla Fbi da ben tre anni!). Invece ho ascoltato ben altre parole.
Ora tutti sono arcobaleno. Tutti i monumenti si tingono dei colori dell’orgoglio gay. E tutti gridano all’emergenza omofobia. Come se a morire non siano state prima di tutto delle persone, meritevoli per se stesse di pietà e rispetto, ma solo degli esseri umani connotati dal punto di vista del loro orientamento omosessuale. Sarà per questo che per i cristiani uccisi o per i bambini abortiti legalmente ogni giorno non si spende nemmeno mezza parola...
Il presidente Obama addirittura sostiene che una discoteca gay è «più che un night club; è un luogo di solidarietà e di legittimazione dove le persone si incontrano per aumentare la propria consapevolezza, per parlarsi apertamente e per lavorare attivamente per i propri diritti»: in pratica un think tank e non un luogo di sballo, come del resto tutti i tipi di discoteca.
La colpa della strage di Orlando non sembra ricadere tanto su chi effettivamente l’ha realizzata. Infatti Obama, la comunità Lgbt ed altre autorità mondiali non menzionano affatto l’islam. Attaccano solo l’omofobia. Un’omofobia generica ed “estensiva”. Nessuno ha il coraggio di dire che oggi i Paesi del mondo in cui gli omosessuali sono davvero e terribilmente perseguitati sono quelli a maggioranza islamica. Il nemico numero uno della lobby LGBT è la Russia di Putin, dove i gay hanno i loro locali ed i loro quartieri. Però nulla si dice, ad esempio, sull’Arabia Saudita, dove se scoprono che sei omosessuale come minimo ti frustano e ti sbattono in galera. Perché? Perché gli Stati Uniti, paladini dei “diritti” LGBT nel mondo, stringono la mano agli omofobi sovrani sauditi?
Al di là dei particolari della strage e delle ricostruzioni di chi sta indagando, emerge un dato: qualcuno purtroppo sta sfruttando la mattanza per i propri scopi. È già iniziato un martellamento ossessivo volto a soffocare ogni piccola voce di dissenso verso la condotta omosessuale e i diktat dell’agenda Lgbt. Stanno già dicendo – e lo faranno sempre di più e con sempre maggior forza – che in realtà la colpa del massacro è di una vaga ed indecifrabile intolleranza, dei fondamentalismi (rigorosamente al plurale), del razzismo, del bigottismo, delle armi libere (peccato che il killer sia una guardia giurata). E che dunque è urgente reprimere ogni forma di omofobia, vera o presunta che sia. Il pericolo non è il radicalismo islamico dell’Isis (e di chi lo finanzia). Quello di Orlando non è uno dei tanti, tragici attentati commessi in nome di Allah. No. Il problema è l’omofobia strisciante nella società. Pertanto, chiunque si opponga allo pseudo-matrimonio gay e alla compravendita di bambini attraverso l’utero in affitto è un potenziale terrorista da fermare. Subito. Senza se e senza ma.
Per capire che questa è l’idea di fondo basta andare a leggere cosa scrive il nostro Ivan Scalfarotto, sottosegretario al Ministero dello Sviluppo economico. Dopo la strage, in un tweet, ha sollecitato a riprendere la legge contro l’omofobia e la transfobia che porta il suo nome. Come abbiamo avuto modo di spiegare più volte, si tratta di una norma da stato totalitario.
In un’intervista a L’Unità e poi in un commento più approfondito sul suo sito, Scalfarotto ha spiegato per bene come la pensa. A quanto pare la colpa dell’eccidio avvenuto negli Stati Uniti sarebbe colpa di Donald Trump e di quanti non si vogliono piegare all’ideologia omosessualista. In pratica chi non la pensa come lui è per forza un soggetto pericoloso, su cui vigilare.
Secondo il membro del Governo Renzi, il fatto che a compiere massacri siano in pochi «non significa che non ci siano tantissime persone che, pur non avendo nessuna intenzione di torcere un capello a chicchessia, la pensano come loro. Ci sono fior di partiti e di movimenti politici che, pur non rinunciando in alcun modo al metodo democratico, propugnano un’idea di società nella quale l’identità etnica delle nazioni deve essere rigorosamente preservata. O personaggi politici che, pacificamente e con la sola legittima forza delle loro idee, condannano in modo radicale l’emancipazione delle donne e il riconoscimento dell’uguaglianza delle persone omosessuali. L’omofobia, la xenofobia, la misoginia, non appartengono soltanto all’Islam, insomma. Si declinano in vario modo in amplissimi settori della società a tutte le latitudini. Naturalmente nella quasi totalità dei casi, vengono espresse in modo del tutto pacifico». E ancora: «pensare che solo un terrorista islamico avrebbe in teoria potuto sviluppare un odio di quel genere nei confronti della comunità LGBT, tale da commettere una mattanza come quella di Orlando, sarebbe secondo me limitativo e miope». Quindi anche i cattolici o semplicemente tanti uomini e donne di buon senso finiscono nel mirino di Scalfarotto. Anche ProVita, stando alle parole del sottosegretario, è una potenziale cellula terrorista.
Capito in che situazione ci troviamo? Un esempio storico può esserci di aiuto.
L’imperatore Nerone fece incendiare Roma per divertimento e poi diede la colpa di tutto ai cristiani: per placare il popolo scatenò così la prima persecuzione, quella in cui morirono anche san Pietro e san Paolo. Di fronte agli eccidi, la tentazione è sempre quella di tradire la propria fede piegandosi al tiranno, oppure di scappare. San Pietro, il primo Papa, decise di fuggire. Ma sulla via Appia incontrò Gesù, che andava nella direzione opposta. «Quo vadis, Domine?» («Signore, dove vai?»), chiese l’Apostolo. E Gesù gli rispose: «Eo Romam, iterum crucifigi» («Vado a Roma per essere crocifisso nuovamente»). E così Pietro, capendo di star sbagliando, tornò indietro ed affrontò il martirio.
Federico Catani
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