Al centro dell’enorme dibattito intorno all’ omosessualità e alla teoria gender si trova uno dei concetti la cui definizione è confusa nella mente di molti. Si tratta di un termine di uso comune, quotidiano, ma forse uno dei più fraintesi quando si parla di bioetica, di morale, di diritto. Parliamo del concetto di “natura”. Si dice che l’omosessualità sia “contro natura”, così come la teoria gender misconoscerebbe la “natura dell’uomo”. D’altra parte però, si obietta che l’ omosessualità si trova “in natura” e che non sarebbe la “natura”, ma piuttosto la “cultura” a condizionare i nostri comportamenti. Fare un po’ di chiarezza sembra dunque necessario.
Il concetto di “natura umana”, e quello derivato di “legge naturale”, si trova già nella filosofia classica ma viene ulteriormente perfezionato nella riflessione dei pensatori del medioevo, che continuano ed approfondiscono la filosofia perennis, filosofia che, a quel punto, si può giustamente dire cristiana. A nessuno di quei profondi pensatori sarebbe venuto in mente una nozione così ingenua e semplicistica di “natura”, in campo morale, come quella che viene espressa oggi, specie dagli oppositori del diritto naturale: il concetto di natura non era (solo) di tipo fisico-empirico, ma di tipo metafisico: esso era carico di ontologia e di teleologia. San Tommaso notava che “natura” può avere vari significati: natura multis modis dicitur. Limitandoci al significato che più ci interessa, il Dottore Angelico spiega che la natura è “l’essenza della cosa in quanto ordinata all’operazione propria della cosa stessa”. Ogni cosa ha cioè un’essenza a cui corrispondono delle operazioni o attività proprie: così “ragionare” è attività propria dell’uomo, “mangiare” attività propria del vivente. D’altra parte l’essenza stessa dell’uomo lo rende non solo capace, ma incline a ragionare, come l’essenza del vivente lo inclina a mangiare. Naturale esprimerà allora ciò a cui la natura è inclinata, cioè il fine proprio del soggetto e, poiché il fine di ogni essere consiste nella sua perfezione, è naturale a un determinato soggetto ciò che serve al suo perfezionamento. La nozione di naturale che serve di base alla legge o diritto naturale, nella filosofia cristiana, ma già in quella classica, è dunque costituita da tutto ciò al quale l’essenza dell’uomo tende in quanto necessario o conveniente al bene dell’uomo, cioè alla sua perfezione spirituale e corporale.
L’uomo, unico tra gli animali, possiede una intelligenza spirituale (capace di astrazione) e una volontà libera. Oggetto di questa volontà è il “Bene”, in tutta la sua ampiezza. L’universo morale nasce proprio dall’incontro tra le finalità manifestate dalla natura umana e l’assunzione che di queste fa la volontà: se la volontà fissa come suo oggetto la realizzazione armoniosa e ordinata delle finalità delle facoltà umane (quelle superiori in primis), che in ultima analisi sono ordinate a Dio, essa si prefiggerà un bene morale. In caso contrario, essa sarà orientata verso il male morale, sotto apparenza di un bene particolare, che può essere la soddisfazione dell’inclinazione di una facoltà inferiore a scapito di quelle superiori, o il perseguimento di una perfezione materiale che comporti la privazione di una perfezione altrui.
In epoca moderna ad una tale concezione di natura e di diritto naturale si è mossa l’accusa di fallacia naturalistica: dai “fatti”, cioè dall’essere delle cose, non si può far derivare il “dovere”; da ciò che accade non si può far derivare ciò che dovrebbe accadere; descrivere non è prescrivere. In una formula inglese: “no ought from an is”. Questa critica è espressa ad esempio dall’empirista inglese Hume, e la filosofia moderna sarà spesso indotta a credere che la ghigliottina di Hume ha tagliato per sempre il legame tra natura e legge, tra essere e dovere. La critica è ripresa da Kant, poi dal positivismo, che ne tirerà tutte le conseguenze nel campo del diritto e partorirà la dottrina avalutativa del diritto di kelseniana memoria.
In epoca contemporanea, la stessa argomentazione viene riproposta dalla teoria del gender e dall’omosessualismo: a coloro che difendono la naturalità delle sole relazioni “eterosessuali” viene scagliata l’accusa di “eteronormativismo”; a coloro che dalla natura maschile e femminile vorrebbero far derivare una norma per comportamenti convenienti all’uno o all’altro sesso similmente si muove l’accusa di “biologismo”, e viene spiegato che la differenza sessuale è indifferente, dipendendo i comportamenti esclusivamente da fattori culturali (i famosi “stereotipi di genere”). In altre parole, dal fatto che ci siano due sessi biologicamente definiti non si potrebbe, si dice, far derivare il “dover agire in un certo modo”; dal fatto che gli atti omosessuali contraddicono la complementarietà (almeno) biologica dei sessi non si potrebbe concludere che “non si devono fare”.
E’ necessario rispedire al mittente queste accuse e dissolvere i sofismi nella metafisica dell’essere. Le accuse avrebbero un qualche fondamento se la legge naturale si fondasse su una “natura” esclusivamente fisico-empirica, se non si riconoscessero le finalità, le specificità della natura umana: ma una tale concezione così riduttiva e semplicistica della natura non ha mai caratterizzato la filosofia cristiana. La natura è invece finalizzata, complessa (si pensi alla natura umana che è psico-fisica, spirito e materia), comprensibile (benché non completamente) dall’intelligenza nel suo significato profondo, sussumibile da una volontà che può decidere di assecondarla oppure di contraddirla. In questo senso la natura è capace di partorire le norme. La natura implica teleologia e, in ultima analisi, teologia. Del resto, in caso contrario sarebbe impossibile fondare un’etica comune, il bene si identificherebbe con il potere del più forte, e lo Stato, quale novello Leviatano, potrebbe giustamente misconoscere ogni limite superiore (legge naturale), e ogni abuso di potere, purché positivamente previsto, sarebbe sacrosanto.
Le diversità anche biologiche dei sessi, la loro complementarietà fisica e psicologica, impongono all’intelligenza di riconoscere che la perfezione dell’essere umano, in definitiva, il Bene per l’uomo passa attraverso la realizzazione ordinata dei fini, e che in questa realizzazione la differenza sessuale è altamente rilevante. Sia la teoria gender, che l’omosessualismo, che gli atti omosessuali contraddicono proprio questi fini delle operazioni umane: quello della procreazione, quello dell’educazione, quello della complementarietà individuale, familiare e sociale dei sessi. Si capisce ora perché la tipica obiezione omosessualista: “L’ omosessualità non è contro la legge naturale perché si trova in natura (dall’inizio della storia umana), anche tra gli animali”, sia assolutamente ridicola:
- Identifica la “natura” in senso morale con “ciò che succede in natura”: identificazione che non è passata per la testa di nessun filosofo (tranne gli empiristi che fondavano le loro critiche su un’impressionante ignoratio elenchi) e che porterebbe a proclamare “secondo natura” anche comportamenti come la pedofilia, lo stupro e l’omicidio.
- Dimentica che la legge naturale si base sulle specificità della natura umana, per la quale soltanto si pone il problema morale (essendo dotata di libera volontà). Per gli animali non ci può essere bene “morale”, e i beni “fisici” possono essere molto diversi da quelli che convengono all’uomo.
- Cade in contraddizione con i presupposti stessi dell’omosessualismo, che assume volentieri quelli della gender theory: cioè il rifiuto del cosiddetto “eteronormativismo” e la pretesa impossibilità di far derivare norme dalla struttura naturale degli esseri. Infatti, su queste basi, cosa ci può importare cosa fanno gli animali? Se gli atti omosessuali vanno bene perché tanto li fanno anche gli animali, si suppone che la biologia animale non sia indifferente in relazione al comportamento (sessuale) umano; il comportamento animale è considerato come positivamente o negativamente normativo degli atti umani. Allora si assume una posizione molto peggiore dell’ “eteronormativismo” che si vorrebbe combattere: una specie di biologismo normativista universale che comprende non solo la natura umana, ma tutto il regno animale.
Alessandro Fiore