La pubblicazione del Terzo Rapporo OPA ha suscitato diverse reazioni ideologiche e piuttosto sconclusionate. Riportiamo qui le considerazioni che il dottor Roberto Festa, membro dell'OPA e coautore del Rapporto in questione, ha inviato a Il Dubbio in risposta ad un articolo di Chiara Lalli
Gentile direttore
il 30 ottobre Il Dubbio ha pubblicato a firma di Chiara Lalli un commento alla presentazione del Terzo Rapporto dell’Osservatorio Permanente sull’Aborto, alla cui stesura ho partecipato. Le invio alcune riflessioni stimolate dalla lettura di quell’articolo, auspicando che siano proposte ai lettori del vostro giornale, nello spirito di un dibattito pubblico veramente franco e democratico
La pubblicazione e la presentazione del terzo rapporto OPA sui costi dell'applicazione della legge 194/78 in Italia, con i suoi contenuti scientificamente documentati e i commenti che a vario titolo l'hanno accompagnato, hanno molte cose da dire sia alla gente comune che agli addetti ai lavori.
Quali sono i costi dell'aborto
Innanzitutto che i costi non sono solo i miliardi di euro spesi dallo Stato in modo totalmente improduttivo, ma comprendono anche i danni alla salute delle donne e l'impatto tragico sulla demografia della nazione, e tutto questo senza che in oltre 40 anni l'aborto "legale, sicuro e gratuito" abbia mantenuto una sola delle sue promesse: gli aborti clandestini non sono spariti ma probabilmente stanno aumentando col fai-da-te; la percentuale di aborti rispetto al totale delle gravidanze sta aumentando in maniera paradossale a fronte del calo vertiginoso delle nascite; la mortalità materna non ha avuto nessun beneficio, in altre parole i dati finalmente dimostrano che l'aborto legale, sicuro e gratuito statisticamente non ha evitato la morte ad una sola donna.
Le preclusioni ideologiche a un dibattito aperto e sereno
In secondo luogo, ma forse è la cosa più importante, la pubblicazione e la presentazione del terzo rapporto OPA palesano come oggi in Italia il discorso e il dibattito sull'aborto siano ancora pesantemente viziati dall'incapacità di guardare in faccia le cose per quello che sono. Questa incapacità va sotto il nome di anti-scientificità, la quale, a prescindere dalla buona fede di chi vi persiste, impedisce di fatto la reale comprensione del fenomeno e paralizza qualsiasi tentativo di modificare lo status quo.
Facciamo tre esempi.
Primo.
L'associazione americana degli psichiatri ha da tempo chiarito che la questione dell'aborto volontario non attiene, dal loro punto di vista, alla salute delle donne ma essenzialmente alla loro autodeterminazione, per cui le donne dovrebbero essere libere di uccidere i loro figli prima della nascita a prescindere dalle conseguenze che questa scelta può avere sulla loro salute e ovviamente sulla vita dei nascituri (https://www.apa.org/about/policy/abortion).
In Italia questo tipo di discorso in termini così schietti è attualmente irricevibile, si preferisce continuare a sostenere che l'aborto non ha alcun impatto sulla salute psico-fisica delle donne nonostante la mole di dati che indicano il contrario. L'esempio più noto e ancora dibattuto è probabilmente il legame tra aborto e cancro al seno sul quale continuano ad essere pubblicati studi che ne affermano l’evidenza empirica (https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1155/2022/6700688).
Secondo.
Si continua a negare che la contraccezione d'emergenza agisca anche inducendo aborti molto precoci,nonostante gli stessi studi che hanno consentito l'immissione in commercio delle "pillole dei giorni dopo" in Europa dicano che il blocco dell'ovulazione avviene solo in circa la metà dei casi (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30656992/). E nell'altra metà come fanno ad impedire la gravidanza se non impedendo l'impianto dell'embrione in utero? Ma che sulla contraccezione d'emergenza sia all'opera una grande mistificazione lo rende evidente la stessa AIFA quando suggerisce di utilizzare in determinate situazioni la spirale come contraccettivo d'emergenza. (https://www.aifa.gov.it/-/nota-informativa-importante-su-contraccezione-ormonale-di-emergenza-a-base-di-levonorgestrel-11-04-2017-). Ancora una volta ci domandiamo come possa un dispositivo inserito in utero alcuni giorni dopo il rapporto sessuale impedire la gravidanza se non impedendo l'annidamento del concepito. E come questo possa essere chiamato contraccezione e non aborto.
Terzo.
La scrittrice Lidia Ravera, ospite del programma Agorà lo scorso 3 ottobre su Rai 3, quando mancano circa 12 minuti al termine della trasmissione, afferma candidamente: "Io non credo che il feto sia un essere umano" (https://www.raiplay.it/video/2024/09/Agora---Puntata-del-03102024-bb9e343d-74df-4f5c-95c0-516747c7438b.html). Ci domandiamo: è possibile immaginare una affermazione più anti-scientifica di questa uscire dalla bocca di una persona di cultura? Eppure è questo il punto fondamentale su cui è necessario mettersi d'accordo, perché se l'essere umano prima della nascita non è un essere umano, è chiaro che cade tutta la questione, che gli obiettori di coscienza sono degli scansafatiche e che il Papa è un pagliaccio quando dà del sicario al medico che pratica l'aborto, al medico cioè che uccide l'essere umano nel grembo della madre.
Roberto Festa
Medico di Famiglia specializzato in Patologia Clinica
Membro dell'OPA