Tra i tanti motivi, oggi, per ricordare il giudice Paolo Borsellino, c’è sicuramente il suo coraggio. Un atteggiamento che il magistrato barbaramente ucciso esattamente 30 anni fa da Cosa nostra mantenne non solo nei confronti nella lotta alla criminalità organizzata, ma pure verso temi di rilievo sociale. Rispetto per esempio a quello che allora era solo un proposito ed oggi, invece, è una intenzione politica precisa – quella di procedere con la legalizzazione delle droghe -, Borsellino non solo esprimeva netta e incondizionata contrarietà, no: si spingeva oltre. Ironizzava pure, anche se con grande garbo, su quanti consideravano questa come una strada percorribile per sottrarre mercato al crimine, che, appunto, lui combatteva come nessun altro.
Il celebre giudice, infatti, considerando proprio l’ipotesi che la liberalizzazione del «commercio di droga» potesse, come oggi tanti si ostinano testardamente a teorizzare, togliere «dalle mani di Cosa Nostra la ragione prima della sua attuale potenza», riteneva questa – si cita testualmente – una «tesi semplicistica e peregrina», tipica di quanti hanno «fantasie sprovvedute» (Borsellino P. Oltre il muro dell’omertà, Rcs 2011, p.96). Perché si tratterebbe di «fantasie sprovvedute» l’ha spiegato sempre lui, l’eroico magistrato: «Forse non si riflette che la legalizzazione del consumo di droga non elimina affatto il mercato clandestino, anzi avviene che le categorie più deboli e meno protette saranno le prime a essere investite dal mercato clandestino […] Resisterebbe poi un ulteriore traffico clandestino che è quello delle droghe micidiali, che per le stesse ragioni lo stato non potrebbe mai liberalizzare». Ora, si potrebbe pensare che magari, a distanza di decenni, simili valutazioni possano essere ritenute superate. Il fatto è che anche altri magistrati che oggi la pensano allo stesso modo.
SALVIAMO I GIOVANI DALLA DROGA. NO ALLA LEGGE SULLA CANNABIS LEGALE!
Si pensi ad Alfredo Mantovano, giudice della Suprema corte di Cassazione che proprio sul tema della droga ha recentemente curato un volume eloquente sin dal titolo: Droga. Le ragioni del no (Cantagalli, 2022). Oppure si guardi cosa afferma Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro da una vita in prima fila nella lotta alla `ndrangheta, che in più occasioni da un lato ha evidenziato come oltre il 90% dei tossicomani faccia uso di droghe pesanti – il cui traffico rimarrebbe nelle mani del crimine – e, dall’altro, ha spiegato come la commercializzazione legale di canapa costerebbe tre volte in più di quella illegale, che quindi resterebbe – tanto più in una fase di crisi economica come l’attuale – indiscussa signora del mercato. Pure nel mondo giornalistico si son recentemente levate voci che, anche un po’ inaspettatamente visto da che parte rema il mainstream, si collocano contro l’ipotesi di legalizzare il traffico di sostanze che solo una vertiginosa ingenuità – e ignoranza – può portare a considerare “leggere”.
Per esempio, ecco cosa qualche giorno fa ha scritto, peraltro poco prima di citare proprio Borsellino, Claudio Cerasa, direttore del Foglio: «Su 100 persone che fanno uso di sostanze stupefacenti solo il 5 per cento usa droghe leggere. Di questi solo il 25 per cento è maggiorenne, mentre l’altro 75 per cento è composto da minorenni, che continuerebbero a comprare cannabis illegalmente dunque anche a seguito della legalizzazione della cannabis, a meno che non si voglia autorizzare la vendita di hashish e marijuana anche ai minorenni». Nulla da dire, sono considerazioni che non fanno una grinza. E che rendono, anche su tale ambito, la voce profetica di Paolo Borsellino sempre attuale, viva e presente.
SALVIAMO I GIOVANI DALLA DROGA. NO ALLA LEGGE SULLA CANNABIS LEGALE!