“Il figlio è di chi lo partorisce, la mamma genetica non ha nessun titolo, dal punto di vista giuridico, di rivendicare nulla.” Queste le dichiarazioni di Ferdinando Santosuosso, giudice costituzionale, rilasciate in merito al caso di scambio di embrioni avvenuto a Roma all’Ospedale Pertini.
Prosegue l’esimio giurista: “la mamma gestante non rischia di perdere i figli. Può perderli solo se decide di interrompere la gravidanza”. Del resto, essendo una cosa sua può disporne come normativa prevede…
Concentrandosi soprattutto sul concetto di rivendicazione di riconoscimento del figlio, derivante dall’averlo portato in grembo e non per essere solamente donatore dei gameti da cui è nato, sarebbe interessante comprendere se tale principio, così ben espresso dal giudice, possa valere solo in disgraziati casi come quello riportato dalle cronache recenti oppure –come ogni principio giuridico dovrebbe aspirare ad essere- si adotti ad ogni fattispecie che rientri nella descrizione data.
In quest’ultimo caso, magari senza volerlo, Santosuosso ha fornito il miglior strumento nelle mani di tutti coloro che combattono la pratica dell’utero in affitto rivendicando la legittimità genitoriale della gestante e non dei donatori, chiunque essi siano.
Approfittiamo per comunicare che da qualche mese è stato costituito il Comitato contro l’utero in affitto ([email protected]), gruppo che certamente saprà ben utilizzare quest’importante assist.
Speriamo che i giuristi si ricordino di quello che hanno detto in questo caso di embrioni scambiati: il figlio è di chi lo tiene in grembo. Se la tecnica demoniaca consente pratiche di manipolazione della natura aberranti, almeno la legge rimanga a baluardo per un po’ d’umanità. Di mamma ce n’è una sola.
Redazione