16/07/2015

Pedofilia: un “disturbo”, non un crimine

Già da parecchio tempo abbiamo raccolto segnali preoccupanti circa il lento, inesorabile e surrettizio lavorio delle forze del male, teso allo sdoganamento della pedofilia.

Basti rileggere qui, o qui, o qui, oppure il numero dedicato della nostra rivista mensile, Notizie ProVita (se scrivete “pedofilia” nel nostro motore di ricerca troverete infiniti rimandi, purtroppo).

Dicevamo che il lavoro del partito dei pedofili è incessante e paziente. Tra gli intellettuali e cattedratici che hanno sposato la mala causa, Tommaso Scandroglio sulla Nuova Bussola Quotidiana ha recentemente segnalato Margo Kaplan, docente alla Rutgers School of Law di Camden.

La professoressa ha scritto un articolo sul New york Times intitolato “Pedofilia: un disturbo e non un crimine” (Pedophilia: A Disorder, Not a Crime).

E’ interessante notare, con Scandroglio, come la tecnica usata per legittimare i pedofili sia la stessa che è stata messa in pratica per la legittimazione dell’omosessualità.

“Un primo passo per rendere accettabile una condotta o una condizione è affermare che non è poi così rara. Scrive la Kaplan: «Secondo alcune stime, l’1 per cento della popolazione maschile continua, molto tempo dopo la pubertà, a sentirsi attratto da bambini in età prepuberale». ... la pedofilia è quindi una realtà sociale, un fenomeno che esiste ed esiste accanto a noi”.

Intanto già da tempo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dice che la pedofilia è un disturbo se «provoca un disagio o difficoltà interpersonali». Quindi un pedofilo sereno non soffre di alcun disturbo; se il bambino è “consenziente”, il “disturbo” magicamente scompare.

Secondo passo: «la pedofilia è uno stato e non un atto. [...] Circa la metà di tutti i pedofili non sono sessualmente attratti da loro vittime» dice la professoressa. Quindi la metà dei pedofili sono persone per bene, che i bambini neanche li toccano (ma se non ne sono attratti sessualmente che pedofili sono? Ci vuole far credere che tutti coloro che amano i bambini – educatori, intrattenitori, baby sitter – sono pedofili?).

Bludental

E poi: «Un pedofilo deve essere ritenuto responsabile per il suo comportamento, non per l’attrazione sottostante». Da un punto di vista penale, siamo d’accordo. Ma sappiamo che questa distinzione tra atti e inclinazioni, in sé legittima, se non si ribadisce contestualmente che anche l’inclinazione è disordinata, può servire a “naturalizzare” l’attrazione, a renderla “inevitabile”, e quindi alla lunga giustificare anche i comportamenti che da quella inclinazione scaturiscono.

Altra chicca: «Un secondo malinteso è che la pedofilia è una scelta. Recenti ricerche [...] suggeriscono che il disturbo può avere origini neurologiche». Commenta Scandroglio: “Affermare che la pedofilia non è una scelt, ma una condizione, è la stessa motivazione spesa per legittimare l’omosessualità. In sintesi: se sei nato così oppure se è la conformazione del tuo cervello che ti porta a compiere atti pedofili tu non sei responsabile dei tuoi atti. É il tuo Dna o le tue sinapsi che ti costringono ad abusare sui bambini, attraverso una coazione di carattere ormonale e psichico invincibile. Ergo tu non sei colpevole di eventuali abusi. Il determinismo empirista predica in buona sostanza la morte della libertà e quindi della responsabilità morale e penale. Il passaggio per dire che la pedofilia è condizione naturale – proprio perché inscritta nel Dna e nel cervello – è dietro l’angolo”.

Terzo passo: “La Kaplan racconta di persone che sentono l’impulso di molestare un bambino, ma si trattengono. Costoro «devono nascondere il loro disturbo a tutti», spiega la Kaplan, «altrimenti rischiano di perdere opportunità di lavoro e di formazione [...]. Molti si sentono isolati, alcuni pensano al suicidio. Lo psicologo Jesse Bering, autore di “Perv.: la devianza sessuale in tutti noi”, scrive che le persone affette da pedofilia “non vivono la loro vita nell’armadio; stanno eternamente accovacciati in una panic room”». Il pedofilo come soggetto discriminato dalle persone e dalle leggi”. Insomma, spunta fuori l’ingiusta discriminazione di chi è costretto a nascondere il suo “essere”... magari tra un po’ cominceremo a piangere per il suicidio di qualche pedofilo che non poteva più sopportare la “pedofobia” di questa società intollerante, bigotta e catto-fascista...

Lasciamo la conclusione e il riassunto a Scandroglio: la pedofilia, quindi, “è un fenomeno sociale non così marginale e come tale dobbiamo farci i conti; è un disturbo solo se provoca disagio al soggetto o a terzi, non di per se stessa; la pedofilia va impedita solo se sfocia in condotte conseguenti; non è colpa del pedofilo se abusa dei bambini perché è madre natura che lo ha fatto così; i pedofili vivono una vita da ghettizzati, non discriminiamoli. Un film dell’orrore già visto”.

Redazione

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