La senatrice del Partito Democratico Monica Cirinnà è intervenuta ieri nella discussione generale sul disegno di legge di conversione del decreto sulla proroga del Garante Privacy e ha chiesto al nuovo ministro degli Interni, Luciana Lamorgese, di togliere dalle carte d’identità di bambini e bambine la dicitura “madre” e “padre” reinserita da un decreto voluto dall’allora ministro Matteo Salvini.
Secondo la Cirinnà quel decreto è stato «vergognoso» poiché sarebbe uno strumento di «discriminazione inaccettabile».
Un intervento, quello della senatrice dem, che però appare soltanto ideologico e inappropriato, soprattutto considerando l’assoluto silenzio, durante il discorso, dei fatti di Bibbiano e in generale delle vicende – quelle sì che sono assolutamente «vergognose» - che coinvolgono la vita e l’infanzia di migliaia di bambini. Le vere discriminazioni, quindi, sarebbero delle semplici diciture “madre” e “padre” o piuttosto tutto ciò che va a colpire la famiglia e gli stessi fanciulli?
Perché non si ha, soprattutto da parte sua e da parte dem, la stessa veemenza nell’attaccare chi violenta, abusa e strappa i bambini dai propri genitori? Perché, a proposito di discriminazioni di genere, non si attacca allo stesso modo la «vergognosa» pratica dell’utero in affitto, che va a mercificare il corpo delle donne e a rendere i bambini degli oggetti?