“L'Organizzazione mondiale della sanità è un istituto specializzato dell'ONU per la salute. È stata istituita con il trattato adottato a New York nel luglio del 1946, entrato in vigore nel 1948 e ha sede in Svizzera, a Ginevra”. Così inizia la voce di Wikipedia dedicata all’Oms. Ad alcuni quindi, visto il prestigio acquisito dall’Organizzazione in oltre 70 anni di vita, parrà eccessivo o irrispettoso fare una critica ad un ente così apprezzato e autorevole. Un po’ come criticare la Croce Rossa o l’Unicef si potrebbe dire.
Eppure, molte organizzazioni umanitarie e ong di solidarietà non sono prive di limiti, difetti e colpe. E a volte sono state colte in atto nel fare l’opposto, letteralmente l’opposto, di ciò per cui furono fondate e istituite. Ebbene, pochi giorni – come denunciato dal portale Aleteia – è arrivata la “bomba”: l’Oms “spinge per l’aborto senza limiti di tempo”.
Ma come è possibile una cosa del genere in un organismo che fa della salute il suo scopo? Cosa ha a che vedere la cura degli esseri umani (dei bambini, degli uomini, delle donne) con la soppressione volontaria e scientificamente organizzata degli embrioni?
Eppure l’Oms, «nella giornata internazionale delle donne», avrebbe pubblicato «nuove raccomandazioni sull’aborto». Tutte nel senso opposto alle restrizioni che dagli Stati Uniti si stanno diffondendo un po’ ovunque, anche perché la biologia dimostra oggi quel che negli anni ’70 era forse meno chiaro. Il feto umano vive e abortendo esso cessa di vivere.
Addirittura, una di queste raccomandazioni proporrebbe ai Paesi membri dell’Onu, «che ogni tipo di aborto venga reso praticabile, senza restrizioni né limiti di tempo per tutti e nove i mesi della gravidanza». E questo malgrado il fatto che la stessa Oms, e non gli ambienti pro life, ammetta «che ci sono 73 milioni di aborti ogni anno, nel mondo». Di sicuro non pochi, soprattutto a fronte di un inarrestabile declino demografico occidentale, da anni acclarato e indiscusso.
Davanti a leggi come la nostra 194 e simili (“Roe vs Wade” negli Stati Uniti, Legge “Veil” in Francia, ecc.) e notando gli effetti ormai devastanti dell’abortismo mondiale, non sarebbe segno di saggezza e di vero impegno per la protezione della salute, fare dietrofront e iniziare a limitare i danni?
«Non è decisamente disdicevole - si chiede per esempio Aleteia - che un’agenzia specializzata dell’Organizzazione delle Nazioni Unite non sappia che proporre soluzioni estreme, saltando a piè pari ogni politica o misura di prevenzione?». Effettivamente, «promuovere l’aborto senza limiti di tempo è un messaggio mostruoso mandato a tutta la comunità internazionale».
Anche perché si legittima il passaggio dell’aborto come eccezione (pur errata) alla regola, alla banalizzazione di un’operazione che non cura, ma sopprime.
Auguriamoci che la nuova tendenza americana, sostenuta anche dai giudici della Corte Suprema, scuota le coscienze e segni un nuovo inizio per la tutela della salute umana, senza eccezioni però. Dal nascituro, sano o ‘difettoso’ che sia, fin al malato terminale o in stato detto vegetativo.