#iosonovincent. Ci saremo anche noi in piazza Montecitorio, domani alle 12:30. Anche noi “;siamo” Vincent Lambert. Tutti noi potremmo un brutto giorno trovarci in condizioni simili.
Chi non può esserci fisicamente, usi tutti i mezzi che ha (Facebook, Whatsapp, Istagram...) per sensibilizzare la gente su questa vicenda: #iosonovincent.
Il Lettori più affezionati di questo portale web sanno che abbiamo seguito la dolorosa vicenda fin dal 2013.
Ultimamente nella rivista Notizie ProVita dello scorso aprile abbiamo ripercorso le dolorosa storia del francese, nato il 20 settembre 1976, entrato in coma nel 2008, a seguito di un incidente stradale.
Risveglaitosi dal coma è entrato nello stato di minima coscienza o “persistente stato vegetativo”: non comunica ed è paralizzato. È in una condizione simile a quella di Eluana Englaro e di Terri Schiavo (cliccate sul link e rileggete come ha seguito la vicenda la grande Oriana Fallaci).
Anche intorno a lui si apre ben presto una triste vicenda giudiziaria che vede protagonisti da un lato i genitori e i fratelli, che vogliono curarlo e assisterlo fino alla sua morte naturale, dall’altro la moglie e un nipote, che hanno chiesto a più riprese di ucciderlo sospendendo cibo e acqua. Come hanno scritto decine e decine di medici specialisti, Lambert non è malato terminale, non è attaccato a nessuna macchina: ha solo bisogno di essere nutrito con un sondino perché ha difficoltà a deglutire, anche se qualcosa riesce a mandar giù da solo.
Nel 2013 Lambert è sopravvissuto incredibilmente al primo tentato omicidio (un mese di digiuno e di idratazione ridotta al minimo): la moglie ha dalla sua il sistema giudiziario e i medici dell’ospedale dove è ricoverato che ubbidiscono solo a lei che è stata nominata tutore del marito. È evidente l’analogia col caso di Terri Schiavo. E come Terri, Charlie Gard e Alfie Evans, l’ospedale Chu Sébastopol di Reims rifiuta di lasciar uscire Vincent, che i genitori sarebbero disposti a portare a casa o in un centro specializzato.
Gli negano anche le visite, il che non aiuta davvero le sue possibilità di recupero, come scrivono i medici.
Nella sua ultima decisione alla fine del gennaio scorso, il tribunale ha sancito che continuare a dare da mangiare e da bere a una persona handicappata è «ostinazione irragionevole».
Ma la battaglia legale dei genitori di Lambert è continuata ed è arrivata alla Cedu, che per non smentire la sua inutilità (non è la corte dei “;diritti dell’uomo”, ma la corte che sostiene le ragioni dei più forti contro i più deboli. Lo ha dimostrato anche con Charlie ed Alfie, e in tante altre occasioni) ad aprile ha dato luogo a procedere.
L’ultimo tentativo, della madre di Vincent, che si sta battendo davvero come una leonessa, in modo commovente, è stato l’appello al comitato dell’Onu per i diritti delle persone disabili. Miracolo: l’Onu chiede una sospensione della condanna a morte. Ebbene, neanche il Comitato Onu ha fermato la mano dei boia che da domani hanno annunciato che sospenderanno cibo e acqua al paziente.
La cultura della morte che pervade le istituzioni francesi, in questo caso (statunitensi, inglesi, italiane negli altri che abbiamo nominato), è fortemente ideologizzata: crede ciecamente nel suo “;diritto” di eliminare le vite “;non degne di essere vissute”. Al punto da ignorare qualsiasi argomento ragionevole contrario, al punto di ignorare l’evidenza.
Pensate che i boia ignorano totalmente persino una perizia medica ordinata dal tribunale stesso, alla fine del 2018, e le critiche di decine di medici esperti di malati ipo-relazionali nei confronti dell’equipe che ha in cura Lambert e dell’equipe che ha fatto la perizia in questione, durata appena un paio d’ore, condotta in modo superficiale, senza rispettare i protocolli che dovrebbero essere seguiti in casi del genere.
Insomma, Vincent Lambert sembra essere un’altra vittima designata. E la propaganda mortifera in Francia, come in Italia, in Inghilterra e dappertutto, crea confusione con abili strategie “neolinguistiche” tra eutanasia attiva e passiva, suicidio assistito, accanimento terapeutico (tutte pratiche abominevoli in sé, comunque, sempre) e le sacrosante cure palliative; crea confusione, tra il dar da mangiare e bere a un soggetto non autosufficiente e le “terapie”, cioè le cure, le medicine, atte a tenere in vita un paziente. Crea confusione tra i malati terminali e le persone handicappate vive e senzienti.
Domani saremo in piazza per sostenere Viviane, la mamma di Vincent. Domani “;saremo” tutti Vincent. E noi che parteciperemo al flash mob non saremo soli: lo spirito di Terri Schiavo, di Eluana Englaro, di Charlie Gard, di Alfie Evans, di Isaiah Haastrup e di tutte le vittime della cultura della morte e dell’eutanasia, conosciute e sconosciute al grande pubblico sarà con noi: io ci credo, io prego che intercedano per Vincent e per la sua mamma.
#iosonovincent.
Francesca Romana Poleggi