“Che cos’è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi? (sal. 8)” Che cos’è mai la vita umana perché possa esser riconosciuta degna d’esser vissuta? Tutti noi, in maniera più o meno cosciente cerchiamo una risposta per questo interrogativo. Infatti, il correr delle nostre giornate, gli affanni, le gioie, le fatiche e le aspirazioni che tutti viviamo quotidianamente esigono il riconoscimento di una motivazione profonda, un “senso” compiuto che non li disperda nell’oceano delle esperienze che facciamo.
Perché è, in ultimo, bello vivere? In fondo, la vita non è costellata di affanni e fatiche tali da risultare, spesse volte, un peso più che un dono?
Davanti a questa prospettiva, l’uomo moderno, non trovando risposta immediata, preferisce rifugiarsi in “proprie proiezioni”, accantonare la domanda di senso che naturalmente ha, rischiando di dimenticarsene e pervenire ad uno stato d’incoscienza rispetto a sé ed al mondo. Si giunge così al paradosso che, per essere libero dalla difficoltà di capire chi egli sia, l’uomo divenga schiavo della propria incoscienza, e quindi succube della fortuna.
Al contrario, la coscienza di sé spinge l’uomo alla costante ricerca della Verità e della Bellezza. Osserviamo ad esempio l’arte: finché l’uomo è rimasto saldo cercatore della verità, essa ha aspirato al bello, all’armonia, alla perfezione; quando invece l’uomo moderno ha iniziato a perder coscienza di sé, essa, di riflesso, ha perduto di vista il bello ed il vero ed è divenuta un disperato tentativo di ripristinare la coscienza perduta. Per poter dire a quale scopo valga la pena vivere, non possiamo prescindere dalla Verità e dalla Bellezza. Può mai esser degna una vita che non sia bella, o una coscienza che non sia vera? Ecco lo scopo dell’uomo in generale. Ecco la necessità della vita come dono di bellezza alla ricerca della Verità. In particolare, ciascuno di noi è chiamato ad un proprio scopo da raggiungere; e spetta a noi stessi fidarci di quell’Essere Perfetto, che in un primo momento sembra abbandonarci a noi stessi, ma, se perseveriamo e sappiamo vedere, poi rivela potentemente la maestosità del suo disegno. Infatti, anche la sofferenza, a volte, aiuta a capire quali siano i valori fondamentali della vita: aiuta, ad esempio, a svincolare l’uomo da quella condizione di schiavitù nei confronti di ideali superflui; ma questo non significa che l’uomo deve sempre soffrire, bensì che, di tanto in tanto, necessita di un’occasione per ripristinare le proprie priorità e, all’occorrenza, ricominciare. Qui è il nodo gordiano. Come diceva Cesare Pavese: “l’unica gioia al mondo è cominciare. E’ bello vivere perché vivere è cominciare sempre, ad ogni istante.” Non è forse motivo di gioia sapere che, per quanti e quali errori si siano fatti, e pure si può sempre ricominciare? Una possibilità immensa, che noi diamo per scontata; ma che sempre più spesso non siamo in grado di riconoscere a chi ci è attorno. Ricominciare, d’altro canto, significa anche poter ogni volta riscoprire la bellezza della vita, la quale, ad esempio, è concretamente riscontrabile tutti i giorni per l’occhio che ancora la stia cercando; e non è forse ancor più grande la possibilità per l’uomo di sentirsi amato e amare a sua volta? Questo, ultimamente, è lo scopo fondamentale di ogni essere vivente: riconoscere anche nelle spine che le rose di per sé hanno, l’amore di chi quelle rose ha donato. Che meraviglia di segni è il mondo! Come le rose che l’innamorato dona all’amata, così il mondo non ha tanto bellezza in sé, ma ne trae d’infinita dal fatto che è segno dell’amore di Chi tutto ordina. Com’è grande l’uomo, ogni singolo uomo! Com’è profondo il suo mistero, il mistero della sua coscienza e del suo posto nel mondo! A quale grandezza giunge il miracolo della sua esistenza!
Come si fa a non apprezzare la vita? Come si fa a non combattere per essa? Infatti, ogni vita, in ultimo, è interessante e avvincente proprio perché densa di sfumature, tanto da poter essere paragonata ad un quadro pieno di colori, dove quelli accesi sono le gioie e quelli più spenti sono i momenti tristi, che non si possono separare dagli altri, perché formano, appunto, un tutt’uno: la vita è caratterizzata da bellezze e da sfide, che vale la pena affrontare nella loro completezza, sapendo che siamo amati e che possiamo sempre ricominciare.
di Veronica Palladino