“Una variante naturale del comportamento sessuale umano“: così molti concepiscono oggi l’ omosessualità.
E non solo i gruppi LGBT e simili: la formula proviene addirittura dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Si può allora ancora dire che l’omosessualità è “contro natura”?
La questione non è di secondaria importanza. La dimensione sessuale è una delle più profonde della persona e quindi sbagliarsi in questa materia ha sicuramente pesanti conseguenze.
Ma se persino l’OMS ci dice che l’omosessualità è normale, è “naturale”, come possiamo affermare il contrario? Lo possiamo. Ecco perché ...
L’omosessualità non è né “normale”, né “naturale”. Bisogna capire però in che senso. I due aggettivi infatti hanno molteplici significati e quindi risulta necessario precisare in che senso i due termini non possono essere attribuiti all’omosessualità. Il significato dei concetti di “norma” e di “natura” dà luogo a problemi (e soluzioni) conosciuti da secoli. Già San Tommaso d’Aquino, in pieno medioevo, si mostrava consapevole (molto di più degli attuali sostenitori o anche oppositori dell’omosessualità) della molteplicità di significati del termine “natura”.
Ad esempio, un significato di “naturale” corrisponde a: “ciò che si trova in natura”. In questo senso l’omosessualità potrebbe dirsi “naturale” in quanto corrisponde effettivamente a una condizione umana vecchia (più o meno) quanto l’uomo stesso. Tuttavia in questo senso sono parimenti “naturali”: la pedofilia, la violenza sessuale, l’omicidio, ecc. Non ci aiuta molto neppure la constatazione che certi comportamenti omosessuali sono “naturali” perché si osserverebbero anche nel regno animale (anche se la natura di questo tipo di “omosessualità” rimane molto discussa): tra gli animali si trovano anche lo stupro, la necrofilia, la divorazione del partner dopo il rapporto sessuale e altre cose di questo tipo.
In realtà una definizione di “naturale” del tipo: “ciò che accade in natura” non ci dice nulla su come l’uomo si dovrebbe comportare, ma ci dice solo come si comporta di fatto (e spesso, molto spesso, si comporta male).
Ora quest’ultimo aspetto è quello che ci interessa, ed è l’aspetto propriamente morale. E’ principalmente in senso morale che l’omosessualità è “disordinata”, “contro-natura”, “a-normale”, e simili. Organizzazioni come l’OMS hanno un certa autorevolezza (non infallibilità) nel dirci cosa è o non è patologia per la scienza medica. Tuttavia ciò che è patologia non è necessariamente disordine morale, e ciò che è disordine morale non è per forza anche patologia. Ci può essere una relazione tra le due sfere: qualche volta il legame è diretto, altre volte indiretto e eventuale. In altri casi questa relazione invece non c’è. Anche in quest’ultima ipotesi però, che un comportamento non possa essere qualificato come patologico non significa che in esso non ci sia qualche profilo di immoralità o che non sia addirittura intrinsecamente immorale.
In questa serie di articoli ci proponiamo di esplorare l’aspetto propriamente morale della “natura” e del comportamento umano, e di qualificare il comportamento, e poi l’inclinazione (oggi si direbbe: “orientamento”), omosessuale alla luce dei principi morali. Non ci interessa direttamente discutere invece se l’omosessualità possa o no qualificarsi come “patologia”: ci sono molti esperti che criticano, con argomenti solidi, l’attuale impostazione “dominante” della scienza medica, ma questo non costituisce a nostro avviso il cuore del problema. Emergerà comunque qualche elemento atto a indicare che l’omosessualità può essere all’origine di varie patologie, indipendentemente dal fatto che essa sia o meno in sé stessa una patologia. Centrale rimarrà in ogni caso il discorso morale.
Nella prossima puntata parleremo dei principi primi della conoscenza morale, il “bene” e il “male”, di come queste nozioni siano in realtà ampie come l’essere stesso, e come si declinano in particolare nella natura umana, nel loro significato propriamente morale.
Alessandro Fiore