Niente premio sui “diritti umani” per un gruppo di donne abortiste che “lottano per l’aborto sicuro e legale”. Il premio Sakharov istituito dal Parlamento europeo per la libertà di pensiero e destinato a chi lotta e si impegna per i diritti umani è infatti andato - notizia di pochi minuti fa - a Jina Mahsa Amini e al Movimento Donna, Vita, Libertà in Iran. Quest'ultima candidatura era sostenuta da popolari socialisti e liberali, i tre principali gruppi politici all'Europarlamento. Erano in tutto tre i finalisti scelti dalle commissioni per i Diritti umani e Affari esteri del Parlamento europeo su cui ha votato la Conferenza dei presidenti dell'Eurocamera (che riunisce la presidente, Roberta Metsola, e i massimi esponenti dei gruppi politici). Le abortiste, invece, erano state proposte dal gruppo La Sinistra (The Left)
Quello che però non è finito è il dubbio sul perché e come è possibile che un gruppo di donne che veicolano l’aborto sia portato così in alto, tanto da “rischiare” di vincere un premio addirittura riguardante i diritti umani. Le “Donne che lottano per un aborto libero, sicuro e legale" in Polonia, El Salvador e Stati Uniti - ovvero Justyna Wydrzyńska, Morena Herrera e Colleen McNicholas - non avrebbero dovuto neanche apparire tra le prime e iniziali proposte, figuriamoci arrivare a così poco dal vincere un premio del genere.
Come è possibile, infatti - per l’Unione Europea e in generale - pensare che spingere le donne di tutto il mondo a percorrere la strada dell’aborto sia un qualcosa di positivo per i “diritti umani”? Come è possibile pensare che l’aborto stesso sia un “diritto”, quando invece è l’esatta negazione del diritto primario e inalienabile alla vita, da cui per forza di cose poi discendono tutti gli altri? Come è possibile voler premiare ed elogiare chi si spende per uccidere i bambini nel grembo materno, anche magari vantandosi di ciò?
Le domande, i dubbi, le perplessità sono tante. Ma in realtà sono anche, purtroppo, quesiti retorici perché le risposte, ahi noi, sono ben conosciute e assodate. Sappiamo infatti molto bene che l’Unione Europea ha da tempo - nonostante il recente inizio della presidenza Metsola - intrapreso e accelerato nella sua strada abortista. Il Parlamento Europeo e in generale gli organi comunitari non sono infatti ormai nuovi a prese di posizioni o documento o Risoluzioni che spingono gli Stati per l’aborto e incentivano l’interruzione di gravidanza più libera possibile e senza limiti nella mente e nella cultura dell’opinione pubblica.
Il rischio corso oggi, ovvero quello di premiare la cultura dello scarto e dell’omicidio dei più piccoli, di chi non ha voce, sia per tutti noi un grande e grave campanello d’allarme - l’ennesimo - per impegnarsi sempre di più affinché si possa, presto cambiare rotta.
Cambiare rotta, d’altronde, è forse più facile - ma allo stesso tempo complesso - di quanto si possa immaginare. Da un punto di vista culturale, sociale, ma anche legale e politico. Gli Stati Uniti lo hanno dimostrato con il sovvertimento della sentenza “Roe vs Wade” e noi, come europei, possiamo seguire quella strada con la grande occasione delle prossime elezioni europee del 2024.
Meditiamo.