In Piemonte, in contrapposizione con quanto previsto dalle linee-guida del Ministero della Salute, l’assessore Maurizio Marrone, ha manifestato l’intenzione di fermare la somministrazione della pillola abortiva Ru486 nei consultori e anche lo stop alla sua distribuzione in day hospital alla fine dell’emergenza Covid. Inoltre, in una recente lettera della Regione Piemonte, da parte dell’assessorato agli Affari Legali di cui è a capo e indirizzata al Ministero della Salute, Marrone, ha fatto presente, in modo estremamente dettagliato, al Ministero della Salute, come le sue nuove linee guida, “Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine” presentino una serie di criticità.
Innanzitutto contrasterebbero con la legge 194 stessa che disciplina l’interruzione di gravidanza, ad esempio nel ruolo totalmente insolito affidato ai consultori, ovvero quello di poter somministrare la pillola abortiva. La norma nazionale insiste, infatti, nell’attribuire un ruolo totalmente opposto, ai consultori, rispetto alle attuali linee-guida, ovvero quello di contribuire a far superare alle donne, le cause che potrebbero indurle all’interruzione di gravidanza, anche grazie al valido aiuto di associazioni di volontariato, che affianchino le donne anche dopo il parto.
Inoltre, nelle linee-guida del Ministro Speranza, si fa esplicito riferimento alla somministrazione di MIFEGYNE (mifepristone e prostaglandine) che “è classificato da AIFA ai fini della fornitura come OSP, ossia utilizzabile esclusivamente in ambiente ospedaliero o in strutture ad esso assimilabili comprese le strutture identificate dagli articoli 8 e 15 della legge 194. È necessario pertanto- si specifica nella missiva- che vi sia una dotazione di ambienti e personale dedicato e che la donna possa raggiungere facilmente un ospedale in caso di sanguinamenti ed altri effetti collaterali importanti che possono presentarsi con frequenza variabile, ma relativamente probabili. Il clinico deve valutare- si sottolinea nella lettera- se la donna è nelle condizioni fisiche e psicologiche per essere rimandata a casa e comunque prevedere un secondo accesso in Day Hospital per la somministrazione della prostaglandina se la donna non è in condizioni di raggiungere facilmente l’ospedale.”
Inoltre nel riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP) del farmaco Mifegyne (mifepristone) è prevista dal 50° al 63° giorno la somministrazione di un altro medicinale a base di gemeprost, in ovuli. Ma il farmaco gemeprost vaginale (cervidil) è stata revocato dall’ AIFA, si fa notare nella lettera e si troverebbe difficilmente anche all’estero. Perciò il mifepristone dovrebbe essere utilizzato o da solo o in associazione con misoprostolo prescritto “off-label” (alla lettera “al di fuori dell'etichetta", una dicitura che riguarda spesso farmaci noti ed utilizzati da molto tempo in terapia, già registrati ma usati in maniera non conforme a quanto previsto dalla scheda tecnica del prodotto autorizzato dalle Autorità sanitarie) e quindi non applicabile a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Per tutti questi motivi, come si legge nel documento della Regione, “sotto il profilo giuridico e tecnico-sanitario, le criticità suesposte palesano l’inapplicabilità delle disposizioni contenute nelle “Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine”