Quest’anno abbiamo parlato molto – purtroppo – di Planned Parenthood, soprattutto per il traffico di organi e di cadaveri di bambini abortiti.
(Non abbiamo detto che quel che non vende lo smaltisce illegalmente in mezzo ai campi, dopo aver dato una “lessata” a vapore ai poveri resti per sterilizzarli...).
L’organizzazione internazionale, presente soprattutto negli USA, si presenta come una sorta di consultorio a tutela della salute femminile, ma di fatto è uno dei più grandi abortifici dell’Occidente.
Le cliniche PP offrono a pagamento l’aborto, spesso ai confini della legalità e del rispetto delle regole igienico-sanitarie, mettendo profondamente a rischio la salute delle donne che loro proclamano a gran voce di esser lì a tutelare.
Siamo quindi lieti di apprendere, tra i bilanci che a fine anno si fanno un po’ in tutti i campi, che nel 2015 ben 23 centri Planned Parenthood sono stati chiusi, secondo i numeri forniti da STOPP internazionale, un progetto di American Life League, e pubblicati da LiveAction. Life News ha calcolato che – comprese le cliniche non affiliate alla PP – sono state 53 in tutto.
Il numero delle cliniche che praticano l’aborto chirurgico è diminuito in modo significativo dal ’95, anno in cui negli Stati Uniti si contavano 938 centri Planned Parenthood.
Purtroppo, da un altro lato sono cresciuti i centri che offrono l’aborto in pillole.
Pillole velenose che mettono a serio rischio la salute delle donne. Pillole che comportano effetti collaterali anche mortali (non ci vuole la laurea in medicina per capire che se una sostanza è in grado di uccidere un bambino, per quanto piccolo, non sarà certo un toccasana per la salute della madre che lo porta in grembo...)
Pillole velenose che vengono somministrate senza ricovero. Le donne se ne vanno a casa ad abortire: in bagno, spesso da sole. Magari collegate al centro medico via telefono o via web cam.
Questo, in qualsiasi altro ambito sanitario, farebbe gridare allo scandalo. Quando si tratta di “diritto all’aborto”, invece, tutto va bene. Il “diritto alla scelta” conta di più sia del diritto alla vita del bambino, sia del diritto alla vita e alla salute della madre.
Redazione