Le politiche pro vita e pro famiglia del governo ungherese sono davvero invise dalle lobby europee e internazionali che per motivi economici, sociali o ideologici veicolano la cultura della morte.
Victor Orban, il Premier, è uno dei politici più odiati, denigrati e infangati dalla propaganda politicamente corretta. L’epiteto più gentile con cui viene etichettato è ‘fascista’.
Forse perché ha contrastato i ‘poteri forti’ della finanza internazionale, rendendo all’Ungheria e alla sua Banca Centrale la sovranità monetaria?
O forse perché nella Costituzione ungherese è stata introdotta la protezione della vita, dal concepimento alla morte? Recita l’art. 2: “La dignità umana è inviolabile. Ogni essere umano ha il diritto alla vita e alla dignità umana; la vita dell’embrione e del feto sono da proteggere dal momento del concepimento”.
Questa legge fondamentale, di uno Stato democratico e sovrano, ha fatto imbestialire “l’intelligentsia” europea. Ancor più ha imbestialito già nel 2012 i vertici UE e le lobby abortiste europee la campagna di manifesti prolife del premier Orban, di cui abbiamo dato conto ai nostri lettori nel secondo numero della nostra rivista mensile Notizie ProVita: manifesti su cui è scritto “Mamma capisco che tu non sia pronta per me, ma ti prego dammi in adozione, lasciami vivere”.
In Ungheria, poi, la costituzione nega il riconoscimento alle ‘famiglie’ omosessuali e alle coppie di fatto e il matrimonio è solo tra un uomo e una donna. Le politiche pro famiglia non sono solo chiacchiere (alle quali qui in Italia siamo ormai assuefatti), ma sono realtà concrete.
Per esempio, il governo di Orban ha stanziato 32mila euro e un prestito dello stesso importo per le famiglie con tre figli, quando l’ultimo nato ha compiuto sei mesi. Nei centri abitanti in cui almeno cinque famiglie ne facciano richiesta, vengono attivati servizi per l’infanzia, come gli asili nido, entro un anno dalla richiesta.
Da quando il Governo ungherese ha attivato questi interventi concreti pro famiglia è aumentato il numero di matrimoni (del 10 percento circa negli ultimi due anni), il numero dei divorzi è diminuito del 20 percento, come gli aborti. E l’economia nazionale, che versava in una gravissima crisi al momento delle ultime elezioni presidenziali, è in netta ripresa, nonostante la crisi globale.
Abbiamo appreso queste notizie sul portale In Terris in un articolo che faceva il confronto tra l’Ungheria, appunto e l’Italia, dove si riscontra, invece un “vuoto drammatico di politiche a sostegno delle famiglie, della maternità e della natalità, il tasso più alto di disoccupazione femminile, soprattutto tra le madri: oltre la metà sono senza lavoro, e i numeri sono ancora più inquietanti per le mamme con figli più piccoli, sotto i sei anni. Da uno studio dell’Ocse, le donne con un una occupazione che hanno tre o più figli sono meno del 44 percento. Le agevolazioni e i servizi per le famiglie numerose restano, nel nostro paese, irrisorie, anche dopo l’istituzione della Carta Famiglia nella Legge di Stabilità 2016, che prevede sconti e riduzioni tariffarie per trasporti, sport, cultura, per chi famiglie con almeno tre figli minori. L’assegno per il terzo figlio erogato dall’Inps, nel BelPaese, era di soli 1.836,90 euro l’anno (meno di quanto erogato per una mensilità in Ungheria) ed è riservato a pochissimi nuclei familiari con almeno un genitore e almeno tre figli tutti minori, cittadini italiani e anche immigrati residenti, e un minimo di reddito fissato nel nuovo Isee 2016, sulla base di nuovi criteri che abbassano ulteriormente la soglia. E sono del tutto assenti gli incentivi alla natalità. Anzi, la natalità è culturalmente e nelle politiche attive disincentivata. Uno schiaffo alla nazione che ha introdotto per prima i diritti della famiglia nella Carta Costituzionale”.
Invece tutti sanno che i figli sono la ricchezza di una società. E tutti quelli che vogliono aprire gli occhi possono vedere e toccare con mano, studiando un po’ di storia e di statistiche, che la crisi economica è innanzitutto crisi demografica: “Più figli oppure più immigrazione”, è lo slogan dell’economista Stephan Sievert, dell’Istituto per la popolazione e lo sviluppo di Berlino. E di questo ne abbiamo parlato tante volte.
La situazione ungherese, invece, è da approfondire. Stiamo preparando a tal fine un altro numero dedicato della rivista Notizie ProVita, in cui intervisteremo in esclusiva alti esponenti del Governo di Budapest (con un piccolo contributo per le spese potrete farvelo arrivare comodamente a casa vostra). Insomma, ci ricorderemo di un vecchio slogan pubblicitario che diceva: “Fatti, non parole”...
Francesca Romana Poleggi
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