Una sentenza del 16 ottobre contro due attivisti pro-vita in Polonia ha scosso l’intera nazione: il Giudice Magdalena Kocój ordina a due attivisti di scusarsi per le loro rimostranze davanti a un ospedale che effettua l’ aborto , affermando che è vietato accusare l’ospedale di “uccidere” bambini.
Lo Specialist Hospital Pro-Familia di Rzeszów ha portato i due attivisti, Jacek Kotula, 48 anni, e Przemysław Sycz, 35 anni, membri del Right to Life Foundation, di fronte al tribunale. Gli attivisti hanno diffuso infatti informazioni sugli aborti effettuati.
Il Pro-Familia Hospital ha risposto presentando una causa presso il tribunale, accusando i due uomini di aver diffamato l’ospedale. La “diffamazione” può essere punita con multe e la reclusione fino a un anno.
Il Pro-Familia Hospital non è nuovo ad azioni legali eclatanti, da quando denunciò il senatore Kazimierz Jaworski, reo di aver convocato una conferenza stampa in cui Agata Rejman, un’ostetrica dell’ospedale, parlò degli aborti praticati presso l’ospedale. La sua testimonianza ebbe infatti una grande eco mediatica.
Ora, l’ospedale sta cercando di mettere a tacere Kotula e Sycz. Tant’è che il giudice del tribunale civile ha dato ragione all’ospedale. Dopo una sessione a porte chiuse, il 16 ottobre il giudice Magdalena Kocój ha stabilito che non è permesso dire che un ospedale che pratica aborto “uccide” i bambini.
Il verdetto ha sbalordito molti polacchi. “Non possiamo dire che l’aborto è uccidere?”, chiede il senatore Jaworski sul suo sito web.
La Legge polacca definisce chiaramente un bambino come una persona fin dal momento del concepimento. E’ ben chiaro dunque che i diritti degli attivisti sono stati violati, anche perché la Costituzione polacca garantisce la libertà di espressione. Inoltre, la libertà di espressione è protetta dalla Convenzione dell’Unione europea, per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Mentre il caso è in fase di appello, tuttavia, il giudice ha vietato per un anno agli attivisti di usare il termine “uccidere bambini” in relazione a Pro-Familia.
Nonostante l’esito negativo, Kotula è impassibile. “La censura è tornata nella ‘libera’ Polonia” dice, promettendo che i picchetti non si fermeranno.
Emanuele Fonzo
Fonte: LifeSiteNews