«Questo è finalmente il riconoscimento di uno dei primi diritti umani: il diritto alla vita!», così esulta sui social il vicepresidente di Pro Vita e Famiglia Onlus, Jacopo Coghe, alla notizia che la Polonia ha vietato l’aborto motivato da malformazioni dei bambini.
Possibile che sembriamo vedere discriminazioni ovunque tranne che dove davvero ci sono, come nel caso dei piccoli che possono essere abortiti in caso di malattie, malformazioni, anomalie genetiche? Ecco perché questa decisione della Polonia rappresenta un vero e proprio passo di civiltà, in un mondo che sempre più spesso si dimentica di tutelare adeguatamente i più deboli.
«Giovedì 22 ottobre la Corte costituzionale polacca ha stabilito che l’aborto per gravi malformazioni del feto viola la Costituzione. […] I giudici hanno motivato la sentenza, che è stata approvata con 11 voti favorevoli e 2 contrari, dicendo che non può esserci tutela della dignità di un individuo senza la protezione della vita», scrive Il Post. Come possiamo, infatti, noi esseri umani a reclamare dei diritti, se non a tutti noi è garantito quel diritto primario, la vita, dal quale tutti gli altri inevitabilmente provengono e dipendono?
Viene, in tal modo, messo un freno all’aborto eugenetico, perché non esistono bambini di serie A ed altri di serie B e perché i governi dovrebbero preoccuparsi di garantire tutta l’assistenza necessaria ai disabili ed alle loro famiglie, lungo il corso della loro vita, piuttosto che promuoverne l’aborto.
A maggior ragione, in questo tempo, in cui l’opinione pubblica sente molto l’inclusione e l’integrazione come emergenze sociali, le nostre forze devono convergere per far sì che i più esclusi ed emarginati di questa società, cioè quelli la cui vita è più minacciata rispetto ad altri, siano tutelati. E come non vedere tra essi le tante potenziali vittime dell’aborto - pratica che espone anche le donne che vi fanno ricorso a gravi rischi per la loro salute fisica e psichica - e dell’eutanasia.
Urgono, dunque, anche in altri Paesi, politiche a sostegno della famiglia e della disabilità, che proteggano la vita dal concepimento alla morte naturale e che non la abbandonino in nessuna fase del suo corso.