Ancora una volta, le “lezioni arcobaleno” hanno messo in contrapposizione scuola e famiglie. Succede in Friuli e il copione è quello di un film già visto: con la scusa di contrastare il bullismo, presso la Scuola Media Lozer di Torre di Pordenone, la dirigenza scolastica ha autorizzato un’iniziativa di indottrinamento gender sostenuto dall’Arcigay friulana. Il progetto aveva ricevuto finanziamenti dalla Giunta Serracchiani, durante la passata consiliatura.
Il progetto A scuola per conoscerci è stato presentato come strumento di contrasto all’omofobia e al bullismo ma, al suo interno, ci sono espliciti riferimenti alla teoria del genere e all’ideologia Lgbt. Un cospicuo gruppo di genitori ha apertamente protestato contro l’iniziativa didattica, minacciando di tenere a casa i figli. Inutili, al momento, le rassicurazioni della dirigenza scolastica, in merito alla presenza di insegnanti “tradizionali”, affiancati, però, durante le lezioni, da psicologi dell’Arcigay. Sul tema è intervenuto anche l’ex parlamentare Vladimir Luxuria, che ha dichiarato: «I genitori non devono avere paura ma devono lasciare che, attraverso la scuola, passi una corretta informazione». Secondo Luxuria, sarebbe importante «parlare e non nascondere la realtà. Non si può delegare ad altri mezzi, come internet, il ruolo di guida dei ragazzi che, anche a scuola, si pongono delle domande».
Il dato interessante di questa vicenda è che, dall’elezione del nuovo presidente Massimiliano Fedriga e della nuova maggioranza di centrodestra, la Regione Friuli Venezia Giulia ha compiuto un’inversione a 360 gradi sulle politiche educative. Verso le lezioni gender ci sarà meno tolleranza, forse nessuna. Un segnale molto chiaro in tal senso è arrivato circa un mese fa, quando l’assessore regionale all’Istruzione, Alessia Rosolen, ha stigmatizzato l’iniziativa del sistema regionale delle Mediateche per la diffusione di una serie di film che mettono al centro il tema del rispetto, in opposizione al bullismo tra adolescenti e alla violenza, in particolare omofoba.
Non solo le Mediateche hanno stretto accordo con il Garante regionale dei diritti alla persona, senza alcun coinvolgimento dell’Ufficio scolastico regionale (dipendente dalla Giunta); uno dei film in particolare, intitolato Just Charlie, tratta la storia di un adolescente della provincia inglese “;intrappolato” nel corpo di un fanciullo combattuto fra il desiderio di assecondare le ambizioni del padre che lo vede calciatore di talento per il Manchester City e il bisogno di affermare la propria identità. «Corretta la proiezione di film che mettano al centro il tema del rispetto», ha dichiarato in proposito l’assessore Rosolen. «Giustissimo combattere ogni forma di prevaricazione, bullismo o violenza, nell’accezione più ampia. Resta una domanda: è possibile evitare subdoli tentativi di associare il concetto di gender a una conquista? Non ci si può chiedere se lo smarrimento di Charlie sia determinato da altre motivazioni che non riguardino l’identità di genere? Ad esempio che il ragazzo sia un sostenitore del Manchester United, squadra rivale del City? In una fase delicata e complessa come l’adolescenza, perché qualcuno vuole imporre modelli culturali imbevuti di ideologia, senza pensare al disorientamento che questi possono provocare?».
«Trovo profondamente scorretto e pericoloso», prosegue Rosolen, «l’utilizzo improprio di strumenti formativi e didattici, quando questi vengono piegati a interessi di parte o, peggio, a logiche propagandistiche condotte in modo pavido. I sepolcri imbiancati del gender abbiano la decenza di non fare esperimenti sulla pelle dei bambini e dei ragazzi». In conclusione, l’assessore auspica che «gli attivisti gender dovrebbero sforzarsi, quantomeno, di leggere linee guida e gli indirizzi dell’ufficio scolastico regionale. Il Garante garantisca tutti e non faccia battaglie di parte. Nel caso, liberissimo: prima si dimetta, però».
Luca Marcolivio