È di un mese fa il rogo che ha colpito un capannone a Prato, mettendo alla luce quando già in molti –forse troppi- sapevano senza fare nulla per fermare la mattanza: laboratori bunker dove migliaia di cinesi, compresi donne in gravidanza e bambini, vivono stipati in condizioni disumane costretti da connazionali a lavorare a ritmi insostenibili.
Dopo quei 7 morti ed i feriti causati dall’incendio, gli occhi e soprattutto le testate giornalistiche italiane si sono accorti di quanto accadeva a Prato o, per meglio dire, non hanno più potuto voltarsi dall’altra.
A latere di questa tragedia si alza il velo sulle loro condizioni di vita, a tuttotondo. È di due giorni fa la notizia dell’arresto di tre cinesi, una donna e due uomini, per tentata estorsione nei confronti di un connazionale, già condannato per abuso della professione medica, colpevole di non esser riuscito a far abortire una donna, probabilmente una prostituta al soldo di un gruppo di malavita locale.
Non solo racket della prostituzione ma anche aborti clandestini, praticati a donne che non potevano o non volevano avere figli: in un contesto di totale illegalità, giustificare la nascita di un bambino da parte di donne che nemmeno sono registrate come presenti sul nostro territorio nazionale è un problema. Nel totale disprezzo del valore della vita, inoltre, una gravidanza impedirebbe alla madre di essere sfruttata, nel suo corpo come con il suo lavoro.
Già 9 mesi fa scoppiò lo scandalo a Padova ma i riflettori mediatici trovarono presto altri oggetti su cui puntare l’attenzione. Speriamo che, dopo esservi incappati per una questione di estrorsione, si apra un nuovo filone d’inchiesta incentrato esclusivamente sull’accertare le responsabilità e descrivere il fenomeno dell’interruzione di gravidanza in queste comunit.
L’allarme di spande a macchia d’olio, anche se gli aborti clandestini fanno meno notizia delle fabbriche bunker.
Redazione
Fonte: Toscana TV